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Scrivo anch’io! – Estate 2006, viaggio nei luoghi di “Roswell” 12/07/2008

Posted by Antonio Genna in Cinema e TV, Scrivo anch'io!, TV ITA.
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Scrivo anch’io!Per lo spazio “Scrivo anch’io!” (leggete qui tutte le istruzioni per partecipare anche voi), vi propongo oggi un pezzo scritto da Elisa, grande appassionata della serie Roswell con Shiri Appleby e Jason Behr (ed autrice di diverse fanfiction pubblicate negli ultimi anni sul mio sito web Roswell.it), che ci offre un bel resoconto del viaggio compiuto due estati fa negli Stati Uniti, con particolare sosta nei luoghi del telefilm. La lettura è particolarmente consigliata ai fan della serie, ancora di recente replicata su MTV.

Estate 2006, viaggio nei luoghi di “Roswell”

Avevo già visitato gli Stati Uniti in passato, con viaggi organizzati che mi avevano fatto conoscere la meravigliosa grandezza dei Parchi Nazionali dell’Ovest. Il Grand Canyon, il Bryce Canyon, la Monument Valley, Yosemite, Yellowstone. Avevo anche attraversato una parte del territorio del New Mexico, senza però addentrarmi nel cuore di quello Stato.
Questa volta, però, non avrei ripercorso i sentieri dei nativi americani. Questa volta avrei ripercorso i sentieri dei miei amici alieni…

17 agosto 2006: Partenza per New York.
Non avevo mai avuto prima l’opportunità di girare la città così ho colto l’occasione e per quattro giorni ho camminato, camminato, camminato… E mi sono sentita un po’ come Max e Tess, quando vi si erano recati per il summit. L’ultimo giorno sono salita con l’ascensore sull’Empire State Building (l’interno dell’ascensore non è esattamente come quello mostrato nella serie televisiva…): volevo vedere il mondo così come era apparso davanti agli occhi incantati di Max. Il mondo di cui lui era il re. A dispetto di Tess, che aveva subito tenuto a precisare che era sì il re, ma non di questo mondo. Errore, mia cara: Max è nostro, non tuo!!!
Ho poi cercato, ma senza riuscirvi, di individuare l’area di TriBeCa dove ha avuto luogo il festival cui un paio di anni fa ha presenziato anche Jason. TriBeCa, situata nel Lower East Side di Manhattan, vicino SoHo, è una zona approssimativamente delineata da alcune vie (Broadway, Canal Street, Chambers Street e West Street), e l’acronimo sta per TRIangle BElow CAnal. Ma purtroppo non c’erano stelline ad indicare i punti in cui aveva sostato Jason…
Il 21 agosto, alle sette di sera, sono poi salita sul primo della piccola serie di pullman della Greyhound con cui avrei attraversato la bellezza di sette Stati prima di arrivare nel New Mexico, nel primo pomeriggio del 23 agosto.
Il viaggio è stato molto lungo, e le numerose soste non sono riuscite ad evitare che all’arrivo a Roswell mi scoprissi due tronchi al posto delle gambe. Dalle ginocchia alle caviglie ero gonfia da far paura ma per fortuna non mi doleva nulla e dopo qualche giorno è tornato tutto a posto. Non oso pensare cosa sia successo alla povera Liz, che doveva arrivare fino in Vermont, quindi ancora più a nord di New York! O forse, grazie ai cambiamenti dovuti all’intervento di Max, a lei non è capitato niente…
Comunque sia, all’arrivo alla prima stazione “di sosta”, quando siamo scesi tutti per andare a sgranchirci le gambe (e correre al bagno prima che si formasse la fila!) mi è quasi venuto da ridere. Sembravamo proprio il gruppo di Skins all’arrivo a Roswell, con quelle facce incuriosite da tipico turista che si guarda intorno domandandosi dove caspita sia finito!…
Quando alla fine sono arrivata nella microscopica stazione della Greyhound di Roswell ed ero in attesa di rientrare in possesso della mia valigia, si sono fatti avanti tre o quattro agenti di polizia che hanno ammanettato una giovane coppia mista (lei bianca e lui di colore), come me appena scesa dal pullman. Beh, come inizio del soggiorno non c’era male!

Roswell è molto estesa in lunghezza ma solo la parte centrale della Main Street e qualche breve tratto di strade laterali è dedicata al tema degli Ufo. Murales decorativi, sagome a forma di alieni sulle insegne dei negozi, pupazzi di gomma appesi all’esterno, vetrine allestite a tema, nomi suggestivi come “Cover Up Café”, o “Not Of This World” indicano punti di ristoro, ma svariati sono i locali chiusi e l’impressione generale è che l’argomento Ufo non sia poi così vitale per il sostentamento della città (anche se il locale McDonald’s ha l’aspetto di un’astronave e sui lampioni di un tratto della Main Street sono attaccati gli occhi neri dalla forma a mandorla tipicamente attribuiti agli alieni!). Il materiale in vendita non è molto appetibile, almeno per quel che mi riguarda: dai soggetti delle magliette ai gadgets, sono sicura che le creazioni di Amy DeLuca sarebbero state di gran lunga superiori!
Il Museo Internazionale degli Ufo è suddiviso in varie parti: la sala principale, con all’estremità l’area attrezzata per gli incontri (palco, microfono e sedie), la biblioteca, il negozio di souvenirs. Un enorme pannello con la rappresentazione del mondo consente di evidenziare, grazie a lucine multicolori, tutti i punti di avvistamento ufo. Poi ci sono sezioni dove vengono descritti i misteri dei cerchi nel grano, i dettagli relativi alla copertura messa in atto dal governo statunitense nel 1947, foto di galassie ed altro materiale di vario genere, come l’allestimento della famosa “autopsia”, reso possibile dall’attrezzatura donata al termine delle riprese del film su Roswell uscito alcuni anni fa; c’è addirittura un librone che raccoglie il nome dei militari del 509° stormo bombardieri (ma non ho trovato Hal Carver…)! In un corridoio c’è, fra le altre cose, una cornice con la pagina del Roswell Daily Record del 1947 ed un articolo del 1999 che parla delle riprese a Covina della serie televisiva: l’unico riferimento al nostro beneamato “Roswell”! Poi, in fondo alla sala della biblioteca, l’incredibile coincidenza: un grande murale della classe d’arte ’99 della Roswell High School. Forse Michael Guerin non si era limitato a disegnare solo la cupola geodesica di Atherton…
Era sabato quando sono tornata al museo per l’ultima volta, ed era decisamente più affollato. C’era pure una troupe televisiva, e l’intervistatore mi ha chiesto sussurrando con fare cospiratorio se fossi stata rapita. Avrei voluto rispondergli: “Sì, da Max Evans!”, ma mi sono limitata a rispondergli con un sorriso significativo: “No, mai…” Mi sarebbe però piaciuto sapere cosa pensino realmente le persone che lavorano lì di tutte le storie sugli ufo in circolazione. Ci crederanno davvero? Chissà…
E per concludere, un cartello su uno spiazzo di terreno più a nord, sempre sulla Main Street, indica la prossima nuova posizione del museo. Il che significa che sarà più vicino al New Mexico Military Institute. Non avevo idea che a Roswell esistesse una tale scuola, e certo non è mai stata nominata nella serie televisiva. Ma meglio così: poveri Max, Isabel e Michael, se davvero avessero anche dovuto muoversi in una città piena di militari, allievi ed insegnanti… Oddio, non è che ne abbia visti molti in giro, a parte quando facevano il loro percorso a passo di corsa lungo il marciapiedi oppure ginnastica sul prato dell’istituto, ma sarebbero pur sempre stati un’altra fonte di ansia!
Non ho trovato tracce di osservatori astronomici, ma solo il planetario Goddard. Naturalmente chiuso, dato che è disponibile solo in momenti ben precisi, ed è dedicato a Robert H. Goddard che, coi suoi studi sul combustibile liquido per razzi, ha un posto d’onore nella storia della città. Tant’è che a lui deve il nome una delle scuole superiori, il cui simbolo è per l’appunto un razzo! La Roswell High School, invece, ha come simbolo il coyote… uff…
Nei dintorni di Roswell ci sono davvero dei binari ferroviari, quindi quel riferimento è giusto (“Independence Day”), ma la città è in mezzo ad un’ampia distesa desertica quindi trovo un po’ fuori posto l’inquadratura dall’alto in occasione del rientro di Liz e Maria dal loro incarico fuori sede (“Wipe Out”)… E c’è solo un taxi, guidato da un ometto di nome Howard, che non poteva assentarsi un’intera giornata per portarmi a Carlsbad perché avrebbe significato lasciare la città senza quel tipo di mezzo di trasporto! Ad ogni modo, un microscopico bus pubblico esiste, ma sembra uno di quegli shuttle per l’aeroporto…
Il Crash City Cafè è chiuso e da un mese è stato messo in vendita (secondo un simpatico quanto stravagante tizio, titolare di un negozio “a tema”, è perché i proprietari hanno avuto un brutto incidente d’auto e, dato che non li ha più visti in giro, pensa che l’incidente sia stato molto grave). Il Crash Down Diner, invece, è chiuso da tre anni. Insomma, niente “Crash e qualcosa”…
L’ultimo giorno, poi, ho del tutto casualmente scoperto la casa che avevo scelto come abitazione della “mia” versione della storia di Max e Liz consultando il sito di un’agenzia immobiliare di Roswell. Certo, da allora sono passati alcuni anni e gli alberi sono cresciuti nascondendola un po’ alla vista, ma era lei, ed ha persino un parco davanti! Così, ora posso immaginare con dovizia di particolari il posto dove Max porta a giocare la sua nidiata di bambini…
Ho fatto una piccola ricerca nelle “pagine bianche” di Roswell e ho trovato un “Bryan & Luci Evans”, al 410 Lea Ave S (a proposito di coincidenze…), ed un “Jeff Parker”. Ma niente Guerin, DeLuca o Valenti, e nessun riferimento a Nancy, Diane e ai vari “figli” di Max e Liz… Ah, e niente KROZ: la sigla radiofonica più vicina a questa che abbia trovato è KCRX, e all’indirizzo indicato in elenco c’è tutt’altra cosa…
Ah, una cosa molto importante da tenere a mente: nel New Mexico funzionano solo i cellulari locali. Anche col triband, infatti, la rete non copre i telefonini italiani! E c’è da stupirsi se un’astronave sia precipitata in quella zona?!?
Prima di proseguire il viaggio alla volta della nuova tappa sono riuscita comunque a fare una puntata a Carlsbad per visitare le famose caverne, dove si svolge una delle vicende narrate nei libri scritti con i protagonisti così come li conosciamo dalla serie televisiva. Non potevo non andare lì e, come Liz, assistere alla rinomata uscita serale delle migliaia di pipistrelli che abitano quelle caverne…

28 agosto, ore tre del pomeriggio: Partenza per Covina
Ed eccomi di nuovo sul pullman della Greyhound, diretta alla volta della California!
Dopo l’attraversamento di altri due Stati, all’una del pomeriggio del 29 agosto arrivo ad El Monte, nell’area di Los Angeles. Decido di prendere il taxi per raggiungere West Covina, dato che l’autobus si fa attendere, e finalmente mi accingo a camminare là dove ha camminato il mio mitico Jason!
Covina è attaccata a West Covina, e Citrus Avenue – l’equivalente della Main Street… – è molto vicina al mio ahimé squallido motel (perché squallido? Beh, vero che è il posto col bagno più grande in assoluto che abbia avuto a mia disposizione ma la vasca doveva risalire all’epoca dei pionieri, e l’igiene era alquanto approssimativa…). Una mezz’ora di cammino ed eccomi all’incrocio con Badillo Street, da cui si accede alla “Roswell Zone”, come era stata definita dalla ragazza che a suo tempo aveva visitato la città e tracciato un accurato percorso dei vari luoghi dei set. Ero incappata in questa descrizione alcuni anni fa, mi sembra sul sito http://www.Crashdown.com, e l’avevo stampata sognando di andare anch’io a vedere quei posti…
Avrei potuto fare poco o nulla se non avessi avuto quella specie di bibbia di Roswell ma, grazie a lei, ho potuto rivivere i magici momenti di quella che è di sicuro tra le più belle serie televisive finora andate in onda!
Citrus Avenue e le vie adiacenti, il Civic Center Park ed il City Park sono diventati il cuore del mondo di Roswell, e a poco a poco prendo confidenza con i ricordi. Tra l’altro, il settore centrale di Citrus Avenue ha gli alberi avvolti in fili e fili di lucine gialle e la sera sembra un eterno Natale! Decisamente un’atmosfera di sogno…
Il CrashDown ora si chiama “Casa Moreno” (era “The Citrus Grill” al tempo dell’esplorazione della ragazza del sito…), il Chez Pierre è “La Tazza”, il Logan’s Hardware (cui i proprietari, secondo la “bibbia”, avevano aggiunto la parola “Roswell”) ha conservato solo il nome Logan ed è ora un punto di ristoro specializzato in granchi. L’edificio usato come museo, e che in origine era una banca, è stato buttato giù (lo avevo letto da qualche parte ma me ne ero dimenticata…), e giù è stato tirato anche l’edificio usato come stazione degli autobus per Kyle al ritorno dal campo estivo. Per questo ad un certo punto mi ero parecchio confusa (non che ci voglia poi molto, dato il mio scarso senso dell’orientamento), e per di più c’erano dei lavori in corso sul vicolo che esisteva tra gli edifici ancora in piedi e quello abbattuto, complicandomi ulteriormente la decifrazione di alcuni “indizi” (secondo la “bibbia” era il vicolo dove i compagni di Kyle hanno picchiato Max)… In ricostruzione è anche l’edificio davanti cui Max chiede a Liz di fermarsi e ridere in modo da permettergli di verificare se davvero siano pedinati.

E’ stato emozionante sedersi a mangiare all’interno del “CrashDown”, e poi fuori, ai tavolini esterni separati dal marciapiede solo da un cancelletto di ferro battuto: mi aspettavo quasi di vedere Kyle che batteva ossessivamente le dita sul tavolo… Sul retro c’è davvero la scala usata da Liz per rincasare la sera prima di scoprire che il suo diario non c’è più, mentre per quel che riguarda la terrazza… ecco, ho dei seri dubbi che la parte di costruzione su quel lato contenga al suo interno un balconcino, ma tutto può essere! L’interno del “Chez Pierre” ha un’aria vecchiotta, ed è stato buffo confrontarlo col raffinato arredamento di “Blind Date”…
Una cosa che mi ha colpito è stato il City Park: esteso, con un bellissimo prato folto, tanti sempreverdi e panchine e tavoli per il picnic. E molti dei punti di riferimento della serie, uno attaccato all’altro! La casa di Max ed Isabel Evans, il campo di basket (con adiacenti quello da tennis e il diamante del baseball – che si intravedono nell’episodio in cui Max rivela a Michael del pasticciaccio con Tess – ma per quel che riguarda la panchina su cui siedono sono un tantino incerta perché non ne ricordo una simile nel parco…), il palco usato per la recita di Natale e la messa di mezzanotte (ma anche qui, ahimé, le panchine sono diverse…), i bagni pubblici (la piccola costruzione scura vicino alla quale credevo che Tess avesse detto a Max della sua gravidanza, mentre in realtà nell’episodio si vede dell’acqua alle loro spalle, e mi sembra difficile si tratti della piscina del parco…), l’area attrezzata per i bambini (accanto cui si trova la panchina dove Max dà alla madre la casa magica che lei gli aveva regalato da piccolo), il sentiero lungo il quale un ragazzino dalle sembianze di Nicholas corre col monopattino dopo la sconfitta degli Skins. Insomma, un’esplosione di ricordi e nostalgia… (a dispetto dei dubbi suscitati dal successivo confronto delle foto con le reali inquadrature nei vari episodi!) La casa degli Evans è davvero molto carina, anche se con gli anni gli alberi si sono infoltiti coprendola in parte, ed il rampicante alla base dell’archetto vicino cui Max e Liz si fermano mentre i genitori di lui partono col piccolo Zan ha ormai rivestito per intero la struttura metallica. Ma il divanetto chiaro di bambù dove era seduta Liz mentre Max dava l’ultimo saluto al suo bambino è ancora lì, e gli attuali proprietari (ho visto una giovanissima coppia, probabilmente fratello e sorella) hanno un cagnolino nero. Non certo Ronin, l’amico a quattrozampe di Jason, ma pur sempre un cane…
E a poca distanza dal parco c’è persino l’ospedale, che però non mi è sembrato quello della serie televisiva.
Il Civic Park è dalla parte opposta della città, ed è più piccolo. Lì si trova un pannello con vari emblemi di circoli di Covina, quello stesso pannello opportunamente “truccato” per apparire come l’insegna della biblioteca; dietro di questo c’è il sentiero con cespugli e fiori dove gli amici di Kyle gli rivelano di aver picchiato Max; il gazebo accanto al quale Max e Michael si incrociano di sera e discutono della decisione di Isabel di andare al college a San Francisco, che per l’occasione era stato rivestito con tralicci di legno; il cerchio nel prato in cui è stato fatto bruciare il simbolo alieno, che ho poi scoperto essere mantenuto in perfetta forma dal settimanale “girotondo” di ponies per i bambini in occasione della fiera del venerdì sera; il tratto di marciapiede lungo il quale si allontana Nasedo dopo aver gettato nel fuoco una foto dei tre alieni; l’angolo di strada in cui era sistemata la vendita degli alberi di Natale nell’episodio “Natale a Roswell”, ed il punto dove si danno appuntamento Max e Tess coi Dupes per andare a New York. Ad una estremità si trovano dei bassi edifici, uno dei quali è il locale ufficio della polizia, mentre sul lato opposto della “rivendita degli alberi di Natale” si trova il fioraio presso cui Liz indaga per avere l’indirizzo della famiglia svedese che aveva ospitato Alex (anche questo negozio ha cessato l’attività…).
Sono andata alla fiera, era piena di gente del luogo, c’era un complessino sotto il gazebo, e stand gastronomici e di oggettistica di vario genere. Non ho potuto fare a meno di comprarmi un hot dog, che adoro!, e poi una crèpe alla Nutella: ebbene sì, c’era uno stand dotato di una nutrita quantità di barattoli di Nutella, e persino una donna che non la conosceva e a cui è stata fatta assaggiare! Fra gli oggetti in vendita ho visto una composizione con un alieno: non era malvagia, anche se l’idea di comperarla non mi ha neppure sfiorata! Però mi è sembrato quasi un segno del destino… Per non parlare di quando la cantante del complessino ha intonato “Amazing Grace”… Mi sono venuti i lucciconi agli occhi!!!
E sempre a proposito di destino, vicino al bowling di Covina c’è un cartello pubblicitario che lo indica come “Cosmic Bowling”!
Tornando alla “Roswell Zone”, lungo Citrus Avenue c’è molto altro: l’ufficio (anche questo chiuso!) usato per Vanessa Whitaker; il tratto di marciapiede lungo cui camminano Max ed Isabel quando lei si offre di indagare su Grant Sorenson; il bar davanti al quale Max cade nella sua folle corsa la sera della morte di Nasedo; la libreria il cui retro è usato come ingresso dell’obitorio per Alex; il negozio di ciabattino davanti cui Max bacia (…) Tess dopo essersi rappacificato con Liz (ed il cui retro è il posto dove muore Courtney); il vicolo tra il negozio di ciabattino e l’adiacente panetteria è dove Max parcheggia la jeep dopo aver passato con Liz la notte nel deserto alla ricerca del comunicatore; il negozio (una specie di bar dove vendono anche i biglietti per gli spettacoli) sul cui tetto Max si arrampica in “Blind Date” al termine della gara di corsa con Kyle.
Il retro della libreria, quello usato come ingresso dell’obitorio, dà su un parcheggio, usato dagli Skins quando arrivano in massa a “Roswell”, e su quel parcheggio si affaccia il cancello più grande del “City Hall”. Il giardinetto dietro questo cancello è quello con la fontana che, secondo la ragazza che ha descritto i luoghi del set, è stata usata come sfondo la notte in cui Liz rivela a Maria di non avere fatto l’amore con Kyle. C’è poi un cancello più piccolo che dà su un vicolo: qui è dove Isabel si inoltra dopo aver fatto credere a Max che lo avrebbe seguito al sicuro nel museo il giorno dell'”invasione” degli Skins.
La facciata principale dell’edificio è invece quella che viene usata come stazione dello sceriffo. Il lato che costeggia W 2nd Avenue è quello dove Max rivela la sua passione per Liz facendo saltare i parcometri e suonare come un carillon l’allarme di una macchina in “Blind Date”. Sul lato opposto della strada c’è l’Hi Ho Market, dove Michael compra i dolciumi nell’episodio in cui recupera la chiave della casa di Atherton ed Amy DeLuca incontra la famiglia Valenti “allargata” in occasione dell’acquisto del tacchino natalizio.
Nella stessa area si trova il Tempio Massonico, ossia il Pinecrest Psychiatric Hospital dove era ricoverata Laurie Dupree.
Ho visto anche la casetta di Madame Vivian, il campo di football usato per il memoriale di Alex, l’incrocio dove erano rimaste le auto dopo che tutti gli abitanti di Roswell erano scomparsi in un’altra dimensione, e ho cercato di ripercorrere il sentiero lungo cui Max aveva corso per andare ad avvertire i suoi amici della morte di Nasedo. Se non fosse stato per il motel in cui avevo trovato alloggio (e purtroppo nei paraggi c’era solo quello…) sarei rimasta ancora uno o due giorni per continuare ad assaporare quei posti, ma a quel punto ho preferito proseguire nei miei vagabondaggi! Anche perché mi sarebbe rincresciuto arrivare alla destinazione finale mancando magari solo per un giorno il mio baldo Jason…

E così il 2 settembre sono andata a Palmdale. A differenza di Covina, circondata da montagne abbastanza verdi, questa città è in territorio desertico. Torrida e desolata, con tutt’intorno rocce bruciate dal sole, ma abbastanza vicina al Vasquez Rock County Park e dunque adatta ai miei scopi. L’indirizzo esatto di Vasquez Rock? Che tra l’altro è un parco, come dire, aperto dato che l’ingresso è libero, non c’è un “Visitor Center”, niente guide né cartelli ma solo qualche bagno chimico e fusti di metallo per i rifiuti… Dunque, l’indirizzo è 10700 Escondido Canyon Road, Agua Dulce; da Carlsbad prendere la 14 fwy Sud, girare a destra su Escondido Canyon Rd e proseguire per circa un miglio. Il cartello di legno che indica il parco è sul lato sinistro della strada, e bisogna prestare molta attenzione perché si rischia di non vederlo!
Altra trasferta in taxi, e la prospettiva di un intero giorno da trascorrere nell’apparente solitudine di quel parco. Apparente, perché…
Dunque, sulle prime mi ero preoccupata di non essere in grado di riconoscere la roccia perché pensavo che, in mezzo a tante altre, non sarebbe stato poi così evidente il suo particolare profilo. Invece quella è l’unica roccia di tutta l’area… Sul lato opposto ci sono altri ammassi rocciosi ma nessuno così alto o anche solo lontanamente simile nella forma e nelle dimensioni, dunque nessun dubbio: quella era “la” roccia!
Poi, mentre mi avvicino, sento voci maschili gridare “Yes, sir!” ripetutamente e con voce sempre più forte. Vedo una tenda color sabbia con un telo mimetico e penso che ci sia un gruppo di militari a fare esercitazioni. E invece… stavano girando la scena di un film! A parte la pausa del pranzo hanno continuato a provare e riprovare (sempre all’interno della tenda) non più di due o tre parti (ripetevano sempre le stesse frasi…), e la cosa è andata avanti per tutto il giorno! E’ stato divertente guardare come spostavano avanti e indietro e di lato la cinepresa, i tecnici coi microfoni, e poi l’applauso liberatorio quando infine è andato tutto bene… Non ho ben capito cosa c’entrasse ma, ad un certo punto, durante la pausa un tipo a torso nudo ed il viso pesantemente truccato è finito in cima ad una roccia con tanto di chitarra elettrica ed altoparlanti, e si è messo a suonare. Ma dubito che fosse una scena per il film, e poi non c’erano macchine da ripresa puntate su di lui! Bah, forse è stato semplicemente l’effetto del troppo sole…
E poi, di tanto in tanto, macchine piene di turisti: giovani e meno giovani, e bambini in apparenza assolutamente insensibili al forte calore che correvano su e giù per i pendii della roccia.
Quella roccia è davvero bella, e fino ad un certo punto anche io mi sono arrampicata ma poi ho preferito non rischiare di spezzarmi l’osso del collo e così non sono arrivata fino alla cima gugliata, quella da cui era partito il segnale attivato dal comunicatore (e su cui invece i bambini ed alcune coppiette sono arrivati senza problemi…)
Il giorno dopo, 4 settembre, sono partita per Santa Monica. Ebbene sì, dopo aver visitato i luoghi in cui “teoricamente” Max Evans aveva vissuto e quelli in cui realmente erano state fatte le riprese, volevo vedere dove viveva Jason Behr, e chissà: magari anche incontrarlo!
Beh, questa è rimasta una pia speranza (all’epoca ignoravo che il mio Egli era in Nuova Zelanda per girare The Tattoist, e per di più in procinto di sposare KaDee, da me soprannominata “la ranocchia rachitica”…), così come rintracciare la sua casa, che sapevo solo essere sulla spiaggia ed assomigliare ad un barrio spagnolo…, ma ne ho approfittato per riposare e prendere il sole. L’acqua dell’oceano era gelida e mi sono bagnata giusto un paio di volte! Ho visto passare i delfini, ho guardato il tramonto dal molo, ho indossato tutto quel che mi ero portata perché lì, a differenza delle altre località in cui ero stata, la sera faceva un freddo cane. E poi l’ultima sera, il 16 settembre, la temperatura si è alzata.
La serata era splendida, da un lato si vedevano le mille lucine delle città dislocate lungo la costa, dall’altra le luci più forti di Venice, il prolungamento di Santa Monica. Come sempre c’erano molte persone intente a pescare, ed il parco dei divertimenti era affollato. Sono andata sulla spiaggia ed ho sfiorato l’acqua: era un po’ meno gelida di quanto ci si potesse aspettare, ma solo la popolazione locale può permettersi di fare il bagno anche quando cala il crepuscolo!…
Santa Monica è una città relativamente normale, anche se piena di barboni che la sera dormono in spiaggia e sui prati che si svolgono per l’intera lunghezza di Ocean Avenue, con molti alberghi, tanti ristoranti italiani e sushi, e la solita zona residenziale con case molto belle ed altre in condizioni pietose.
Anche qui c’è un tratto in cui gli alberi sono avvolti in lucine gialle, è la “Third Street Promenade”, un tratto della Third Street aperto solo ai pedoni e pieno di punti di ristoro, ristoranti veri e propri, due multisale, librerie e negozi. Chissà quante volte Jason avrà camminato lungo quella via, e magari avrà anche mangiato al “Trastevere”, un ottimo ristorante italiano… L’ultima volta che ci ho mangiato avrei voluto chiederlo a Leonardo, un uomo di mezza età che ha lasciato Roma circa sei anni fa e si è trasferito lì, ma purtroppo quella sera non era di turno…
Una sera sul molo stavano sistemando l’attrezzatura per delle riprese, col logo della Paramount Pictures, e così, sfidando la timidezza e la mia scarsa pratica della lingua nonostante le settimane già trascorse, mi sono avvicinata e ho chiesto se per caso nel cast ci fosse Jason Behr. Sulle prime la ragazza cui mi ero rivolta non ha capito e mi ha detto: Chi? Poi, alla mia spiegazione, Jason Behr, di Roswell, ha detto che no, quello era un film per la televisione, “Do you know about Brian?” Come a dire, ormai Jason Behr fa solo film per il cinema…
Tra i vari fogli, mappe e liste che mi ero portata dietro, c’era anche l’indirizzo indicato per l’invio a Jonathan Frakes delle cartoline a sostegno del film su Roswell, e naturalmente sono andata alla sua ricerca… Ed ho trovato uno splendido complesso privato con tanto di “Water Garden”! Ho fatto qualche foto prima di venire avvicinata da una guardia di sicurezza in abiti civili, un omone di colore con tanto di auricolare, che mi ha gentilmente spiegato che era un’area privata e la gente non voleva che venissero fatte fotografie… Fortuna che non mi ha requisito il rullino!
Pure in questa città, comunque, ho trovato alcuni “segni del destino”: la scritta “Langley Production”, ed un pannello di tessuto su uno dei pali lungo il molo che ricordava l’avvistamento Ufo del 1953. Eh, Jason, chissà quale pensi sia stato il motivo per cui un giorno hai scelto di stabilirti a Santa Monica…
Il giorno dopo sono partita da Los Angeles per New York, da cui sarei rientrata in Italia l’indomani. Durante il volo sugli States ho avuto modo di intravedere le enormi e frastagliate gole del Grand Canyon, il Painted Desert ed il Meteor Crater, e ho pensato che, chissà, forse un giorno sarà Jason ad attraversare mezzo pianeta per venire in Italia…
E’ stato un viaggio insieme bello e triste, solitario ed esaltante. Mi sarebbe piaciuto moltissimo farlo in compagnia delle persone che con me condividono la passione per Roswell, per potermi confrontare con loro sui luoghi dei set, scambiare le sensazioni, i ricordi, e questa è una cosa di cui ho sentito davvero la mancanza.
E triste è stato vedere come, a distanza di pochi anni, niente sia rimasto di quel periodo meraviglioso in cui dal nulla è stato costruito un intero universo di dolcezza, amicizia, solidarietà, fragilità, paura e dolore. Anche se ho provato un grande piacere quando una delle giovani donne che lavoravano alla Joslin’s Bakery mi ha detto che la sua casa è stata usata come abitazione del “fantasma” di “Natale a Roswell”, ma non ci aveva più pensato e aveva finito col dimenticarsene…
E’ stato divertente camminare per le strade di New York col bicchiere di caffè in mano, e cuocermi i whaffles nell’area destinata alla colazione nel motel di Roswell e dell’aeroporto di New York! Ho trovato tante persone gentili e disponibili, e non posso che augurarmi, un giorno, di poter mostrare a Jason l’ospitalità italiana!
Un consiglio, però: fare in modo di potersi muovere in macchina. E’ assolutamente indispensabile! Le distanze sono enormi, è vero, ma solo la macchina dà la completa libertà d’azione!
Rifacciamo le valigie???

Commenti»

1. lesto1982 - 12/07/2008

Sono un fan di Roswell da quando andava in prima serata su Rai2.Complimenti,davvero un bellissimo articolo!

2. alexa - 14/07/2008

Complimenti per l’articolo e per il viaggio!!!!!!!

3. roberta - 23/07/2008

Ciao elisa, mi chiamo roberta e sono anche io una grande fan di jason. Credo sia quel suo fascino un pò timido e misterioso, ma nel contempo così dolcemente virile che ci prende…Ultimamente sto scoprendo sempre più persone così appasionate a questa serie non più in produzione, ma soprattutto a jason behr e ti dirò che un pò mi infastidisce, una sorta di gelosia, ma d’altronde un’artista è fatto per appartenere al mondo e non ad una singola persona…come tu abbia fatto a sapere poi che vive a santa monica? Io giro sempre su internet in cerca di informazioni su di lui, ma questa non l’ho mai trovata. E’ quasi come se su di lui aleggiasse un’alone di iperprotezione rispetto al mondo, ai fan. Non so se sia così per tutti, ma per esempio, tutti sanno dove vive madonna o persino michael jackson…comunque, per quanto riguarda il tuo appunto su kadee, io la trovo semplicemente splendida, almeno esteticamente mi sembra la donna adatta a lui, elegante e raffinata. Ognuno dovrebbe scegliere la persona adatta anche al proprio aspetto fisico e lui è bellissimo, non avrebbe potuto mai scegliere una persona troppo semplice, come me, ad esempio… Ognuno è nel posto che ha scelto, nella strada che ha deciso di percorrere, spero solo che lei lo renda felice come merita, mi sembra proprio un bravo ragazzo e nemmeno arrogante come certi attori…Ti auguro di ripartire, ma magari per scoprire se a roswell ci sono gli alieni, ma di non sognare troppo tra le nuvole, la realtà può essere molto diversa da quella che alle volte noi ci costruiamo…roberta79

4. mariangela - 08/08/2008

io amo la coppia max e liz..sn fantastici..li ammiro tanto anke se al posto di liz vorrei…vorrei…esserci io..bacioni!!*****

5. Ciro - 11/08/2008

Sono un Fan sfegatato di Roswell, questo è il primo e direi anche l’unico articolo fatto davvero per bene. Con tutti i dettagli. Un giorno andrò anch’io a visitare i fantastici luoghi del Telefilm. W Roswell Forever.

6. Hendra - 15/03/2009

nice posts

7. filippo - 10/04/2009

ciao ho letto solo ora il post se leggi questo commento potresti inviarmi per email la lista dei luoghi. quest estate dovrei andare negli usa e mi piacerebbe visitare i luighi di questa fantastica serie
grazie in anticipo
filippo

8. mili - 28/01/2010

ciao bellissimo articolo,se ti va mi manderestila lista dei luoghi e come hai organizzato..ilmio indirizzo è sympatique@alice.it


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