Abbiamo visto cose… – (3) District 9 12/10/2009
Posted by Mario & Wendy in Abbiamo visto cose..., Cinema e TV, Film.trackback
In attesa del Film Festival di Roma, Mario Magini parla di District 9, film già nelle sale italiane dal 25 settembre.
Spoiler Alert! Nell’articolo sono presenti forti spoiler, quindi fermatevi qui se non volete rovinarvi la sorpresa.
District 9: Futuro Passato Alternativo.
Fare un film indipendente, di fantascienza, usando una sceneggiatura totalmente originale è sempre una gran sfida.
Come, per il sottoscritto, è stata una sfida cercare di seguire in sala District 9 con nella fila innanzi la mia una decina di bimbetti chiassosi e molesti.
Considerate che la recensione di questo film è stata condizionata da diversi fattori:
- I bimbetti casinisti innanzi la mia fila che facevano a guerra di popcorn, schizzi di cocacola e figurine dei Gormiti.
- I bimbetti, di cui sopra, che non mancavano di commentare ogni evento presente nel film, tipo: Ammazza che schifo di astronave – oppure – Che brutti gli alieni chissà quanto puzzano – o, ancora – Io avrei preso una bomba nucleare e li avrei uccisi tutti tutti tutti ecc ecc.
- Due signore che, dietro di noi, parlavano amabilmente dei fatti loro ovvero di una certa loro amica che non doveva darsi via con un certo uomo, che doveva reagire con carattere e che non doveva buttarsi giù.
- A metà del film, esasperato, mi sono proteso dietro le orecchie dei bimbetti molesti ed ho detto loro, in tono serissimo: Io ho pagato per vedere il film e non per ascoltare il vostro casino. Hanno smesso.
- A metà del film una delle due signore, dietro di noi, è – deo gratias – uscita a parlare al cellulare dopo averlo fatto squillare per circa 2 minuti buoni. L’ altra signora, rimasta sola, senza ciarliera compare, è stata costretta a guardare il film per cui era seduta in sala.
Ma, bando a questi eventi, torno a parlare del film.
La fantascienza spesso gioca con se stessa, sui suoi stessi temi. Il gioco migliore, in certuni casi, è fare in modo che la fantascienza imiti se stessa aggiungendovi dosi ben nascoste di realtà compromettenti.
District 9 è un film che adempie pienamente a queste due idee fondamentali e ne esce, come risultato, un film così atipico e potenzialmente godibile da lasciare spiazzati.
Intendiamoci: non è il capolavoro definitivo del genere fantascientifico in celluloide.
Ma capiamoci: ha spunti interessanti che lo rendono un piccolo oggetto artigianale che, almeno, si differenzia dalla massificata produzione.
Miscela, questo film, cose notorie ma dosate in modo decente, citazioni per lo più: Straniero in Terra Straniera, E.T., La Guerra dei Mondi, B.W.P. .
La struttura è quella del documentario a posteriori.
Un “ what happened here” dove tra interviste, spezzoni di reportage, sequenze filmate dalla televisione locale si dipana una storia bizzarra quanto originale.
Ebbene sì, finalmente, gli alieni sono arrivati, inizia il film. Nella prima metà degli anni 80. Arrivano gli alieni ma non scendono su Washington o Mosca o il Vaticano: arrivano e sostano silenziosi su Johannesburg, Sud Africa.
Non sono alieni umanoidi di una bellezza sconcertante e portatori di pace, conoscenza e salvezza per l’umanità. Sono mostruosi, insettiformi, emotivi, sbandati, confusi e naufraghi da chissà dove. Quindi non vi aspettate i Maestri Cosmici biondi che vengono dalle Pleiadi a toglierci le armi nucleari di mano. Aspettatevi, invece, un’astronave più simile ad una bagnarola fetida zeppa di derelitti affamati, confusi e incredibilmente lontani da casa.
Il film/documentario è una iniziale sequela di citazione di persone che li vedono e percepiscono come parassiti, promulgatori di caos o spargitori di malattie o, più semplicemente, il realizzarsi di un sogno non all’altezza delle umane aspettative.
Il film segue le vicende del protagonista della storia, dell’uomo cui è dedicato il “documentario”, un individuo in tutto mediocre, impiegato perfettamente obbediente a un sistema burocratico – un ufficio governativo speciale – fatto apposta per gestire gli alieni e i problemi tra esseri umani ed alieni.
Il “ documentario” seguirà questo uomo dell’apparato. Nel suo onesto, complicato e necessario lavoro: censire gli alieni, dare loro una baracca alloggio o sfrattarli da una baracca spacciata per alloggio, arrestare gli alieni in combutta coi criminali ed i ras locali, concentrarli in aree dove gli alieni siano separati dagli umani onde evitare “contatti” indesiderati quali violenza, mercato nero, sesso intraspecie, abusivismo edilizio.
E’ kafkiano il protagonista umano di questo film: esegue gli ordini ed ha una moglie bella, un suocero potente, e nel frattempo relega in un distretto/ghetto i non più desiderati alieni.
Eseguo gli ordini, diceva qualcuno. Eseguo gli ordini, dice il protagonista.
Or bene poi, nel film, accade uno di quegli incidenti fortuiti ed assolutamente possibili che inizia ad invertire l’equilibrio della bilancia degli eventi.
Il film muove a cambiare prospettiva.
Il come è forse intuibile e immaginabile, ma con delle conseguenze interessanti per il nostro piccolo zelante burocrate umano.
Nello svolgimento della storia prende, stabile, parte attiva un alieno: Christopher. Non è un nome a caso. E’ un nome che richiama il concetto di Nemesi e Redenzione.
Il burocrate umano inizierà ad essere straniero tra i suoi simili. L’alieno Christopher darà fondo ad un progetto teso a liberare la razza aliena da tanta disperazione.
Biologia. Armi. Potere. Da metà del film questi tre elementi sono decisivi.
La sceneggiatura mi ha rammentato di quanto, nei secoli passati e bui, gli ebrei fossero tenuti in ghetti perché considerati biologicamente diversi, portatori di armi biologiche mortali – si diceva la peste e il colera fossero causa loro – e i poteri che si attribuivano ai figli d’Israele in termini di Kabbalah e Conoscenze Occulte Alchemiche.
Tenete conto di questo parallelismo, vedendo il film. Tenete a mente che il film, nelle scene girate nelle baraccopoli aliene, ha usato quelle che furono e sono le baracche e gli slums del periodo dell’apartheid Sudafricana.
Il resto?
Il resto è il film che prosegue la sua storia senza tramortirvi eccessivamente. L’eroe maggiore e l’eroe minore che si rivoltano al Sistema. Gloria e pace alla fine del film, tutti contenti in un modo o nell’altro: l’astronave madre – non erano ciò che ci si aspettava ergo via sciò -, Christopher attua il suo piano e tutto è rimandato a dopo 3 anni dalla sua partenza, il protagonista umano del film/documentario scopre altre differenti forme di dignità e sentimenti.
Altro? Momenti splatter, silenzi e suspense ben cadenzati.
Il finale è aperto, tanto che il regista Neill Blomkamp aveva pensato e creato sei differenti finali, prima di scegliere quello effettivo.
Morale del film, ammesso si voglia darne una? Direi: i desideri possono avverarsi ma non esattamente come avremmo voluto.
Etica del film, a volerne trovare una per forza? Aggiungerei: il potere è neutro e diviene ciò che si vuole ottenere.
Non male per un film prodotto da Peter Jackson come passatempo e girato con mezzi, tra l’altro, neanche stratosferici.
Non male che questo film un poco si distacchi nell’atmosfera, nei colori, nella struttura da cose già viste.
Senza infamia, affatto.
Qualche lode, di certo.
Forse gli alieni, ad esistere veramente, hanno preso contatto con altre specie ma ne hanno scelto qualcuna ben più caritatevole della nostra – e meno utilitarista -.
Qualche lode, a questo film, non guasta, fidatevi.
Mario Magini
Bello davvero, non è assolutamente il solito film di fantascienza. Per tutto il film ho tifato x gli alieni (e sfido chi non l’abbia fatto, a parte i bimbetti di cui parlavi all’inizio). Il parallelismo con il nazismo ed i lager x gli ebrei è fin troppo evidente. A me è piaciuta di più la seconda parte, non tanto quella da documentario anche se lo stesso interessante, ma quando entra in ballo la “diversità” del protagonista “umano”.
Da vedere comunque.