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Abbiamo visto cose… – (5) A Serious Man 07/12/2009

Posted by Mario & Wendy in Abbiamo visto cose..., Cinema e TV.
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Abbiamo visto cose...

L’ ultimo film dei fratelli Cohen, A Serious Man, nelle sale italiane dal 4 Dicembre 2009, visto da Mario Magini.

Spoiler Alert!!! Se non avete ancora visto questo film e non avete intenzione di rovinarvi la visione con uno spoiler, è altamente sconsigliato andare oltre il cut!!!

Questo è il film che molti, tra fans e critici, attendevano dai fratelli Cohen: un film dove, attraverso gli occhi e il gusto dei Cohen, venisse messa in gioco una parte – alcuni aspetti – della molteplice realtà degli ebrei statunitensi.

Ma non è solamente questo. Anzi. E’ solo l’apparenza. Un’ apparenza assolutamente funzionale nel condurci attraverso una vita – quella del protagonista – che è legata ad altre in una iniziale cornice di semplicità, ordinarietà, chiarezza. Ricordate queste parole e poi traslatele in caos, imprevisti ed ambiguità.

Pare un gioco quello dei fratelli Cohen dove spostando uno solo degli elementi via via tutto il resto assume una configurazione differente, come con un caleidoscopio dove un piccolo gesto restituisce dalla medesima luce altri colori, pur essendo le pietre traslucide le stesse.

E’ il punto di vista. E’ sempre e solo, in questo film ancor di più che negli altri, il punto di vista ciò che vale. Sia esso da dietro una cattedra a ridosso di una gigantesca lavagna. Oppure la scrivania di un ufficio amministrativo di una università. O la propria casa con i propri familiari, normalmente nevrotici e follemente normali. Si direbbe una casa come tante altre e forse l’idea è quella.

Ma è il punto di vista del protagonista, in fin dei conti, il suo solamente e ciò che passo dopo passo incontra dalla prospettiva altrui in termini di emozioni, pensieri ed atti. Un punto di vista degno di un uomo serio. Compìto. Lineare. Per lui un voto pessimo è e resterà pessimo, come fosse una legge fisica comprovata dalla matematica. Per lui, così semplice in termini di esistenza, anche salire sul tetto a sistemare l’antenna è fonte di scoperta e stravolgimento.

Come volare, freudiano simbolo di liberazione sessuale, solo che non ci si libra nel cielo ma si sta inebetiti sulle proprie gambe a contemplare lascivia e trasgressione poco più in là, dietro proprio l’uscita posteriore di casa, dove il giardino è ben tosato.

Elementi che si spostano, uno ad uno, in una logica apparentemente sconnessa ma che danno effetti devastanti: tua moglie che ti deve parlare, tuo figlio che si affaccia alla emancipazione adolescenziale, tua figlia che scopre di avere un corpo, tuo fratello che tanto è mentalmente compromesso e tanto è geniale.

Pezzo per pezzo, tutto si svolge, sino ad una domanda: cosa vuole dirmi Dio?

Domanda per alcuni senza senso, per altri fondamentale, per certuni invece occasionale quanto pungente in certi momenti perché capita in quel preciso momento a fronte di alcuni eventi e riguarda te e quelle persone particolarmente.

No, non è un film religioso. E’ un film esistenziale. La vita che avevo dove è finita? Giusta domanda. Cosa mi accadrà ora ? Lecita premura.

E i concetti di fisica restano appiccicati col gesso alla lavagna. La matematica, fondamentale espressione e dimostrazione della fisica, diventa linguaggio senza comunicazione per un mondo che non risponde più, se ne sta andando a rotoli via così.

No, non è un film triste. Affatto. E’ un film che fa ridere – molto – con uno humor dai contenuti e tempistica tipico di certe storielle yiddish. E’ un film che è zeppo di risposte per domande che hai scordato di segnarti perché ciò che succede dopo ti travolge e rende spaesato.

C’è qualcosa dei Fratelli Marx, in questo film, il surreale. C’è qualcosa di Woody Allen, il contesto culturale e le usanze ebreo statunitensi. C’è qualcosa di Sidney Lumet nel modo in cui inesorabile tutto scorre e porta innanzi con sè, indifferente se ti piaccia o meno ciò che ti accade. C’è che sono i fratelli Cohen e determinate cose, domande come sentimenti e parossismi, si possono solamente dire per assurdi e nevrastenie.

Ambiguo, ecco cosa tiene tutto assieme, ecco l’elemento più geniale di questo film.

Sì, perché se ci si sposta dal protagonista agli altri attori allora tutti fanno ciò che meglio risponde alle loro esigenze e possibilità; perché l’ambiguità è la vita che accade e la razza umana è fenomenale nei giudizi a posteriori, mai nel qui ed ora di quanto avviene, sempre dopo e comunque con un certo margine d’errore e possibili influenze; perché se sei disperato e non capisci cosa avviene allora chiedi, interroghi, e le risposte altrui spesso paiono come sibillini vaticini di oracoli in vena di buone azioni ma neanche tanto.

Come si può essere Un Uomo Serio, quindi, in tutto questo? Basta una lettera a matita per cambiare il futuro, o il gesto di alzare la cornetta, che ti rimanda a ciò che sei e sarai.

I personaggi entrano ed escono dal campo visivo e percettivo dello spettatore come fossero a teatro, l’effetto è infatti pirandelliano e non poco.

Il tempo storico del film è la seconda metà degli anni ’60 ma è un escamotage puramente stilistico e di colore, ciò che i Cohen imbastiscono è atemporale e profondamente umano.

Il mondo fisico risponde a leggi fisiche, il mondo umano degli esseri umani no.

Se Dio c’è allora gioca a dadi e molto probabilmente vince perché è inevitabilmente che sia Dio, come anche – se c’è – si accorge di te e ti parla al telefono, alla porta poggiato allo stipide con fare cerimonioso, con un uragano incombente, con uno spinello alleggerito da té gelato, ti parla coi tuoi figli, ti parla con tua moglie, parla attraverso il tuo rabbino o confessore che siano.

Avere risposte, da Lui, non può essere una pretesa. Forse scegliere ciò che senti giusto, realmente ed assolutamente giusto, è ben più che affidarsi alle risposte di Dio o porGli precise domande.

E poi Dio è impegnato a giocare a dadi con Einstein e la fisica quantistica.

Considera che Dio ogni tanto rumoreggia con uragani o tamponamenti.

Cosa può dirti il tuo consigliere spirituale? Nulla che direbbe Dio in persona, altrimenti non sarebbe solo il tuo consigliere spirituale.

Dunque?

Dunque resta tutto in mano a te con queste semplici, eterne, melodiose parole che non smettono veramente mai: When the truth is found to be lies and all the joy within you dies….

Mario Magini

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Commenti»

1. dorian - 07/12/2009

detto tutto questo mi hai dato una motivazione in più per andarlo a vedere…!!!

2. daniele - 08/12/2009

io ieri l’ho visto e mi ha deluso , molto complicato , sceneggiatura fatta male .Molti trucchi e costumi degli anni 60′ molto caratteristiche .
io piu’ di 5.5 non gli do .molto bella la canzone somebody to love , finale molto emblematico .

3. bruno - 15/12/2009

Un film non riuscito.


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