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Cinema futuro (1.138): “L’esplosivo piano di Bazil” 11/12/2010

Posted by Antonio Genna in Cinema e TV, Cinema futuro, Interviste, Video e trailer.
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Cinema futuro - Il cinema del prossimo week-end“L’esplosivo piano di Bazil”

Uscita in Italia: venerdì 17 dicembre 2010
Distribuzione: Eagle Pictures

Titolo originale: “Micmacs à tire-larigot”
Genere: commedia
Regia: Jean-Pierre Jeunet
Sceneggiatura: Jean Pierre Jeunet e Guillaume Laurant
Musiche: Raphaël Beau
Durata: 105 minuti
Uscita in Francia: 28 ottobre 2009
Sito web ufficiale (Francia): cliccate qui
Sito web ufficiale (Italia): nessuno
Cast: Dany Boon, André Dussollier, Nicolas Marié, Jean-Pierre Marielle, Yolande Moreau, Julie Ferrier, Omar Sy, Dominique Pinon, Marie-Julie Baup, Michel Crémadès, Patrick Paroux

La trama in breve…
Una mina esplode in mezzo al deserto del Marocco e, qualche anno dopo, un proiettile vagante gli si conficca nel cervello… Bazil non ha grande fortuna con le armi: la prima l’ha reso orfano, la seconda avrebbe potuto ucciderlo all’istante.
Quando viene dimesso dall’ospedale, Bazil non ha una casa. Fortunatamente, il nostro sognatore dal cuor gentile, viene adottato da una banda di feroci rigattieri, dai talenti e dalle aspirazioni tanto sorprendenti quanto diversificati, che vivono in una sorta di caverna di Ali Babà; sono Remington, Calculator, Buster, Slammer, Elastic Girl, Tiny Pete e Mama Chow.
Un giorno, mentre cammina accanto a due enormi edifici, Bazil riconosce il logo dei fabbricanti di armi, che hanno causato tutte le sue sofferenze. E così, aiutato dalla fedele combriccola di strambi compagni, decide di prepararsi per la vendetta.
Soli contro tutti – perdenti che lottano contro spietati giganti industriali – rivivono, con un’immaginazione e una fantasia degne di Buster Keaton, la celebre battaglia di Davide contro Golia…

INTERVISTA CON JEAN-PIERRE JEUNET

 

Dopo Una Lunga Domenica di Passioni, ma prima di L’ esplosivo piano di Bazil, il suo nome era associato ad altri due progetti: Harry Potter e Vita di Pi.

Come mai non sono andati a buon fine?

E’ vero, proprio dopo Una Lunga Domenica di Passioni, la Warner mi aveva offerto il quinto episodio di Harry Potter. Non ho accettato. La verità è che non mi sentivo adatto per quel progetto, e non sapevo come avrei potuto renderlo mio. Il mondo di Potter esiste già, ci sono già i set e i costumi, e gli attori sanno perfettamente come recitare le loro parti perché hanno già girato quattro film assieme… So che sarebbe stata dura, e poi, prima di tutto, non mi eccitava. Alien è stato diverso. Hanno scelto me perché volevano che dessi al film il mio tocco personale, allo scopo di creare una sorta di ibrido con il mio mondo personale…

E poi, ad essere onesti, le storie sui maghi, le bacchette magiche e le scope volanti, dove assolutamente qualsiasi cosa è possibile, non mi interessano molto. Perciò ho detto di no, anche se… il mio agente mi ha detto che se avessi fatto Harry Potter, sarei stato a posto per tutta la vita!

 

E Vita di Pi?

Mi interessava, e ci ho lavorato per due anni. Alcuni anni prima avevo letto il bellissimo libro di Yann Martel, che inizia in India, e poi si sposta nell’oceano, dove ha luogo un terribile naufragio; e racconta l’amicizia tra un ragazzo e una tigre, due passeggeri della nave che si ritrovano assieme su una scialuppa di salvataggio. A quel tempo pensavo che non sarebbe stato possibile adattarlo per il grande schermo. Era troppo ricco, troppo dettagliato, troppo pieno di trappole: il mare, un bambino, una tigre: tutti elementi incompatibili.

E poi la Fox, per la quale avevo fatto Alien, mi chiamò per chiedermi di adattarlo!     Era una premessa troppo bella per lasciarmela sfuggire. E’ una stupefacente storia di volontà e di sopravvivenza. E anche se si tratta di un mondo completamente diverso dal mio, contiene i temi di tutti i miei film: il tema di Tom Thumb, ad esempio, un orfano che lotta contro un mostro, solo che non è lo stesso mostro, perché questa volta, avrebbe avuto le sembianze di una tigre. Perciò ho riletto il libro con l’idea di adattarlo, e ho accettato la loro offerta a condizione che mi lasciassero scrivere la sceneggiatura e mi permettessero di fare il film a modo mio. Mi sono immediatamente messo a lavoro assieme a Guillaume Laurant, il mio partner di sempre. E così, dopo solo due versioni, siamo riusciti a scrivere una sceneggiatura che è piaciuta a tutti.

Poi, per determinare con esattezza quale potesse essere il budget del film – il film è estremamente complesso – abbiamo realizzato uno storyboard.  Ho fatto costruire dei modelli della barca di Pi e della tigre, come si fa nei film di animazione, e con la mia camcorder ho fatto 3500 foto. Le ho montate tutte assieme su iPhoto e le ho mandate a Maxime Rebière, che ha revisionato il tutto. Quindi, ad oggi, abbiamo sia un photo storyboard che uno storyboard disegnato a mano! Abbiamo iniziato la ricerca delle location in India, e io ho visitato i grandi studios della Fox dove è stato girato Titanic… Per me non c’era alcuno dubbio riguardo al fatto che il film sarebbe stato realizzato. Ma  poi sono arrivati i numeri: 85 milioni di dollari! E tutto per un ragazzino indiano e una tigre, su una barca: non aveva senso. Abbiamo cercato in tutti i modi di diminuire il budget e di farlo scendere a 60 milioni, ma continuavamo a non trovare una soluzione, fino a che uno dei capi della Fox mi ha detto: “Producilo tu!”. Era una follia! Ero certo che saremmo riusciti a risparmiare girando in Europa, piuttosto che a Hollywood. Abbiamo analizzato il problema, siamo andati agli studios Alicante, dove è stato girato Asterix alle Olimpiadi, abbiamo incontrato tantissime persone, abbiamo lavorato ai macchinari che generano le onde, abbiamo ideato delle tecniche di ripresa ad hoc, ecc. E alla fine abbiamo raggiunto il budget che ci eravamo proposti. LA Fox non voleva superare i 60 milioni di dollari. Siamo riusciti ad arrivare a 59 milioni… ma di Euro, e a quell’epoca il tasso di cambio rendeva l’Euro più forte del dollaro, perciò ci veniva sempre la stessa cifra: 85 milioni di dollari! Poi, all’improvviso, non si sono più fatti sentire. Fino al giorno in cui il Produttore Gil Netter mi disse che stavano pensando ad altre soluzioni possibili. Ma per quanto mi riguardava, avevo già lavorato al progetto per due anni, e non volevo passare tutta la mia vita dietro a quel film: Ho necessità di girare. E poi, con Guillaume, abbiamo iniziato a pensare a L’ esplosivo piano di Bazil… una storia che avevo già in mente, a grandi linee. In 3 o 4 mesi abbiamo completato la sceneggiatura.

 

Da dove viene l’ispirazione per L’ esplosivo piano di Bazil, l’eroe con un proiettile nella testa? E i rigattieri? E i mercanti di armi?

Come al solito, tutto è nato nello stesso momento. Ripeto, nel mio cuore c’è sempre la storia di Tom Thumb, che ho menzionato precedentemente… Riguardo all’idea dei mercanti di armi, era da tanto che mi girava in testa. Quando montavamo La Città Perduta, a Saint-Cloud, vicino alla fabbrica della Dassault, andavamo spesso in un ristorante dove pranzavano anche gli ingegneri della Dassault. Erano degli uomini molto formali, vestiti in giacca e cravatta, avevano dei bei visi, ma non potevo evitare di pensare che stavano creando e costruendo delle armi incredibili  per distruggere e uccidere altri esseri umani! Non sembravano minimamente toccati dall’idea! Ero molto colpito e scioccato per questa cosa. Allo stesso tempo, non volevo fare un film intellettuale, volevo fare una commedia. E cosa avrebbe potuto essere più diverso dai costruttori di armi dei rigattieri?

Da li in poi, è stato facile immaginare che quella gang di sciacalli avrebbe unito le proprie forze contro quei venditori di morte. Di nuovo Davide e Golia… L’idea è nata in modo naturale, soprattutto quando ho iniziato a pensare che avrei voluto far scontrare dei mercanti di armi con una gang di personaggi che sembrano usciti da Toy Story – io ammiro molto il lavoro della Pixar. Persone uniche, marginali, ingenue, in un certo senso, ma ognuna di loro, come accade ai giocattoli di Toy Story, ha una caratteristica ben definita, qualcosa di distintivo, utile alla storia, che aiuta la trama ad andare avanti. Eccentrici, vendicatori, goffi, talvolta poetici, sempre uniti e, soprattutto, profondamente umani. L’altro film che ci ha ispirato molto è Mission Impossible – sono un grandissimo fan anche della serie. E’ evidente che nella costruzione della trama, nei suoi colpi di scena, nel racconto delle manipolazioni – il falso viaggio nel deserto, ad esempio – ci sono delle reminescenze di Mission Impossible…

 

E anche, talvolta, dei film di Sergio Leone…

Si, certo.  Quando racconti una storia di vendetta, ti tornano sempre alla mente certe sequenze di Leone. E mi sono divertito a rendergli omaggio con dei piccoli riferimenti alla sua opera…

 

Non si può fare a meno di pensare anche a Delicatessen – probabilmente per lo stile molto personale della caverna dei rigattieri – e ad Amelie – per l’innocente e ingenua bontà di Bazil…

Infatti! L’ esplosivo piano di Bazil è qualcosa a metà tra Delicatessen e Amelie…

E’ vero. Certamente non è stato intenzionale, è una cosa che mi viene naturale…  Ad ogni modo, dal momento in cui avevo in mente il tema principale del film, abbiamo fatto ciò che Guillaume ed io facciamo sempre: ognuno di noi tira fuori le sue idee sui personaggi, le scene, i dialoghi, i ricordi delle cose che facevamo quando eravamo piccoli, le espressioni, i set e le location che ci piacciono, e poi usiamo il tutto per inventare cose nuove, creare i personaggi, costruire la storia e scrivere la sceneggiatura.

 

In quale modo lei e Guillaume Laurant siete complementari?

E’ difficile dirlo. E’ una misteriosa alchimia. Una vera partnership, dove lavorare assieme è una gioia, e, soprattutto, siamo talmente sintonizzati che facciamo fatica a ricordarci a chi per primo è venuta in mente una determinata idea.

Tra di noi, è come un infinito gioco di ping-pong.  Ovviamente, anche i nostri mondi sono in sincronia. Amo giocare con la lingua francese – e lo stesso vale anche per lui. Se ho preso la decisione di girare a tutti i costi in Francia e in francese, è per la possibilità di giocare con la lingua. In questo senso, colui che mi ha maggiormente ispirato è senza dubbio Jacques Prévert. Comincia tutto da lui. E’ una fonte di nutrimento costante per me.

Guillaume ed io condividiamo la stessa passione per Prévert, per quel realismo poetico tanto caro a Carné e a Prévert.  Cerco di mettere quella prospettiva poetica in tutti i miei film, e lui ha la naturale tendenza a fare lo stesso… E difatti, quando il dialogo diventa un po’ troppo ordinario per i miei gusti, gli dico, “Dobbiamo ‘re-Prévertizzarlo’!” E’ inutile dire che ci siamo divertiti un mondo con i dialoghi del personaggio di Omar!

 

Qual è stata la parte più difficile dello scrivere L’ esplosivo piano di Bazil?

Nulla di fondamentale. Dovevamo solo trovare il giusto equilibrio tra la gang di rigattieri, che sembrano usciti da Toy Story, e i mercanti di armi, che sono dei tipi molto seri. Non volevamo rendere i mercanti di armi troppo seri, e neanche caricaturizzarli. Questo è stato un altro tipo di equilibrio che abbiamo dovuto trovare. E’ per questo che, sapendo molto poco dell’industria delle armi, prima di iniziare a scrivere, ho fatto le mie ricerche. Assieme al giornalista Phil Casoar, ho incontrato un uomo che si era ritirato da questo tipo di attività, lavorava ai più alti livelli dell’industria delle armi, era un ex-agente e ingegnere della Matra. Abbiamo anche fatto visita ad una fabbrica di armi in Belgio; in Francia, non era possibile.

Abbiamo incontrato delle persone molto simpatiche, dei tecnici che parlavano con grande passione della loro fabbrica: da come la descrivevano poteva anche sembrare una fabbrica di cioccolato, se non fosse che, il nuovo caramello, in un solo colpo, può incenerire un carro armato! Il che significa che coloro che si trovano all’interno bruciano vivi in una frazione di secondo!

Terrificante. E ne parlano come se fosse semplicemente un’innovazione tecnologica!  Tutte le battute nel film che si riferiscono all’industria delle armi sono autentiche, come per esempio: “Non lavoriamo per il Dipartimento dell’Attacco, lavoriamo per il Dipartimento della Difesa”. E’ una gran bella giustificazione per tenersi pulita la coscienza! Se non fosse che i loro “prodotti” vengono venduti, e alla fine della catena, causano sofferenza, dolore, morte…

 

E’ stato difficile trovare i giusti personaggi per la banda dei rigattieri, e trovare il modo in cui i loro aspetti distintivi avrebbero potuto aiutare la storia?

E’ stata proprio quella la parte più divertente, quella che ha richiesto maggiore fantasia.  L’idea era di inventare dei personaggi molto specifici, un po’ come quelli di Molière: Il Gentiluomo Borghese, L’Avaro, Il Misantropo, ecc. All’inizio ce ne erano molti di più rispetto ad adesso. Ma poi li abbiamo eliminati, e abbiamo tenuto l’essenziale. E poi a un certo momento, ho deciso che era meglio averne sette. Primo perché è un numero magico e secondo perchè la storia è anche una sorta di Bianca Neve e i Sette Nani!

Tanto è vero che i loro nomi sono descrittivi, proprio come quelli dei nani: Mama Chow perché cucina, Slammer perché è appena uscito di prigione, Elastic Girl perché si piega e si allunga come la gomma, Buster perché è un fallito, Remington perché usa una macchina da scrivere, Calculator perché istintivamente calcola qualsiasi cosa.

Solo Tiny Pete ha il nome di un Artista Naïve che mi piace molto. Una specie di

Postino Cheval, che ha creato un mondo chiamato ‘The Ride’, fatto di materiali riciclati.  Le selvagge sculture automatizzate che Tiny Pete crea nel film sono opera dell’artista Gilbert Peyre, che ho scoperto a Halle Saint Pierre vicino a casa mia, a Montmartre, dove vado spesso, perché amo l’Arte Naïve e l’Art Brut. Ho creato il personaggio di Tiny Pete appositamente per poter usare le sue opere. Fortunatamente, a Gilbert Peyre piacciono i miei film ed ha acconsentito a darcele in prestito. Una volta definiti i personaggi, abbiamo cercato il modo di far sì che le loro caratteristiche potessero essere di aiuto allo sviluppo della storia…

 

Questo spiega i Sette Nani, ma Bianca Neve, ossia Bazil, come lo  immaginavate?

E’ lui che spinge avanti la storia. E per due volte una vittima dei fabbricanti di armi: lo hanno reso orfano e, a causa loro, deve vivere con un proiettile nella testa, che potrebbe ucciderlo in qualsiasi momento. E’ ovvio che voglia vendicarsi!      Adottandolo, i rigattieri hanno adottato anche la sua vendetta. Il fatto che abbia un proiettile nella testa ci ha permesso di inserire una grande dose di fantasia, di delirio, di mondi immaginari… come tanti film nel film, piccole sequenze animate parentetiche: tutte cose che adoro…

 

In origine aveva scritto il personaggio per Jamel Debbouze, ma ancora una volta, come in Amelie – che avrebbe dovuto essere interpretato da Emily Watson, anziché da Audrey Tautou – niente è andato secondo i piani…

Dopo Amelie, avevo promesso a Jamel che avrei scritto una parte per lui. Perciò l’ho fatto. Ho scritto L’ esplosivo piano di Bazil… per lui, prendendomi un grande rischio, e senza dirgli esattamente di cosa si trattasse. Era molto emozionato. La sceneggiatura gli è piaciuta molto. Quindi, siamo passati alla fase di produzione, ma, alcuni mesi dopo, mi ha chiamato per dirmi che non avrebbe fatto L’ esplosivo piano di Bazil… a causa di ragioni personali: all’epoca non voleva lavorare; e in effetti da allora non ha più girato neanche un film. Ovviamente, rispetto la sua decisione. Ma, a due mesi dalle riprese, è stata piuttosto dura! Fortunatamente, il destino sembra sorridermi, e anche quando niente sembra procedere come pianificato, alla fine va tutto come dovrebbe andare! Ho pensato subito a Dany Boon, per la parte. Era già da qualche parte, in un angolo della mia mente, come un’altra delle scelte possibili.

 

 

 

Come le è venuto in mente Dany Boon? E’ talmente diverso da Jamel.

E’ molto difficile dirlo. E’ stato una sorta di sesto senso, una consapevolezza interiore. Non appena ho visto Audrey, sapevo che era lei Amelie, anche se non poteva essere più diversa da Emily Watson. Anche in questo caso è stato lo stesso. Lo sapevo e basta. Ancor prima di Dany! Non appena Jamel ha rinunciato al ruolo, l’ho contattato e gli ho fatto mandare la sceneggiatura modificata – abbiamo cancellato alcune cose che erano state scritte appositamente per Jamel, più specificatamente riguardo al suo handicap…. Immediatamente, l’agente di Dany mi ha chiamato per dire che non voleva fare il film, che era per Jamel, non per lui. Il film era morto! La settimana dopo ho riscritto una versione del film al femminile, e una con un protagonista bambino. E poi, finalmente, sono riuscito a trovare un appiglio con Dany.  Gli ho detto, “Senti, hai ragione, non dovresti farlo se senti che il ruolo non è tuo, ma è veramente un peccato perché mi piace molto quello che fai. Ma troveremo qualcosa’altro da fare assieme, un giorno”.

Disse che i miei film gli piacevano molto e che gli dispiaceva di non accettare. Ed è stato proprio allora che mi sono giocato tutte le carte, e gli ho detto, “Che ne dici se stiamo assieme per un’ora? Per fare dei provini, solo per divertirci, ora che sappiamo che non farai il film; Solo per vedere se potremo lavorare assieme in futuro”. Accettò. E andò molto bene. Mentre provavamo gli dissi, “E’ davvero un peccato, guarda come andiamo d’accordo”, ecc, ecc.  Si divertì molto, e quella sera stessa mi chiamò per dirmi che avrebbe fatto il film! E oggi, vedendo L’ esplosivo piano di Bazil, non riesci ad immaginare nessun altro nel ruolo di Bazil.  Esattamente come è accaduto a Audrey con Amelie. Un fortunato colpo di fortuna! E poi, il destino è stato così buono con me che lo stesso giorno in cui abbiamo finito le riprese, il giorno che ero di nuovo libero, Chanel mi ha chiesto di dirigere la nuova pubblicità di Chanel n°5, con Audrey Tautou!

Con quello, il mio trittico assieme a lei era completo!

 

Dopo che Dany Boon ha accettato di prendere parte al progetto, avete apportato molti cambiamenti alla sceneggiatura?

Guillaume ed io abbiamo continuato con il lavoro che avevamo iniziato quando gli avevamo mandato la sceneggiatura. Più che altro si è trattato di dettagli. E poi abbiamo fatto dei veri screen test, questa volta. Perché rispetto alla figura minuta e tarchiata di Jamel, Dany temeva di essere troppo  pesante, troppo muscoloso, e che non funzionasse.

Ci siamo subito resi conto che il suo lato gentile, sognatore, e la sua ovvia vulnerabilità  avrebbero compensato la sua mole, anzi avrebbe addirittura creato un contrasto interessante.

E poi non ci siamo dovuti preoccupare di renderlo più grasso, mettendogli un pesante maglione di lana,  o di fargli indossare un cappello per farlo assomigliare a un grosso orso sgraziato: esattamente l’opposto di come lo avevamo immaginato in origine…

Secondo lei, qual è la cosa migliore di lui?

Sembrerà un orrendo cliché, ma non posso fare a meno di dirlo! Prima di tutto, è un essere umano incredibile, e anche dopo il successo del film Giù al Nord è rimasto estremamente modesto e semplice. Nel corso di tutte le riprese non l’ho mai visto di cattivo umore, al telefono, lamentarsi o trattare male qualcuno, e non è mai arrivato in ritardo. E poi, è veramente divertente e gentile con tutti.

E soprattutto ci sono cose che adoro di lui a livello professionale. Sappiamo quanto possa essere divertente, ma è anche molto efficiente e profondo. E’ molto tecnico, rigoroso, conosce le sue battute in maniera impeccabile, e, allo stesso tempo, ha molta inventiva, escogita sempre cose nuove che a me non sarebbero mai venute in mente.

E’ molto regolare, eppure  è sempre alla ricerca di qualcosa, lascia tutte le porte aperte e permette all’ispirazione di coglierlo in qualsiasi momento. Ad esempio, un giorno, durante una scena ha iniziato di sua spontanea volontà a recitare come Bourvil: Mi è piaciuto molto; e in fase di montaggio abbiamo scelto di tenerla. In un certo momento del film c’è anche un tributo a Chaplin…

Stesso discorso. E’ una cosa che è venuta in mente a lui, non era prevista nella sceneggiatura. Durante le riprese, a un certo punto, gli è venuta l’idea di recitare la scena in quel modo. Successivamente, in fase di montaggio l’ho enfatizzata con la musica… La cosa veramente sorprendente è la sua regolarità. Non c’è mai una scena che non sia buona almeno quanto le altre, è incredibile! La cosa che più mi ha sorpreso è stato rendermi conto di quanto mi sia sentito a mio agio con lui, sin dall’inizio, cosa che non accade sempre con gli attori.

Sarà perchè lui è del Nord, mentre io sono dell’Est; perchè entrambi abbiamo passato dei momenti difficili, e tutti e due abbiamo lavorato nel campo dell’animazione? C’è un feeling tra di noi. E’ come rivedersi tra vecchi amici! E’ una cosa davvero rara… Da allora, ci chiamiamo sempre, scherziamo e ci prendiamo in giro. La cosa disgustosa è che oltre a tutto questo, scrive e interpreta show e dirige i film! Io amo lavorare con gli attori  che sono anche dei registi, come Mathieu Kassowitz o Jodie Foster. Quando gli spieghi cosa stai facendo loro capiscono al volo, il che rende tutto più semplice.

Il casting è cambiato quando Dany Boon ha preso il posto di Jamel?

Si e no. Non è stato l’arrivo di Dany a cambiare le cose. Quello che volevo non era mettere assieme un cast che fosse unito, ma piuttosto speravo di riuscire a mettere assieme un gruppo di persone provenienti da ambienti totalmente diversi: Jean-Pierre Marielle incarna la grande tradizione del cinema francese degli anni ‘70, Omar Sy è un attore televisivo, mentre Julie Ferrier, come Dany, proviene dal teatro. Per il suo personaggio, Elastic Girl, abbiamo assoldato una vera contorsionista: una ragazza russa residente in Germania, è semplicemente stupefacente. Michel Cremades è un meraviglioso interprete delle commedie francesi. E poi ci sono alcuni dei miei fedeli collaboratori: Yolande Moreau e André Dussollier, che sono stati i primi due a cui ho pensato e per i quali ho scritto la parte e, poi, ovviamente, Dominique Pinon e Urbain Cancelier. Completano il gruppo alcuni nuovi arrivati: Nicolas Marié, che interpreta l’altro venditore di armi, il rivale di Dussollier… La cosa importante, come sempre, era trovare l’attore di maggior talento per ciascun ruolo. E’ stato bello averli tutti, e tutti assieme. Una vera gioia.

 

Nella truppe c’è anche un nuovo elemento che occupa un ruolo essenziale: il Direttore della Fotografia…

Si, il giapponese Tetsuo Nagata. Bruno Delbonnel, col quale ho fatto Amelie e Una Lunga Domenica di Passioni, non era disponibile perchè – quel bastardo! – ha accettato l’offerta per fare un film di Harry Potter!

Ma sono d’accordo con la sua scelta! Ha fatto bene ad accettare, è una cosa ottima per lui, è una sfida emozionante e gli aprirà nuove opportunità di carriera negli Stati Uniti, spero… Anzi, ho già visto il film: ha fatto un lavoro incredibile.

Perciò, siccome  Bruno non era disponibile, ho pensato a Tetsuo Nagata, che aveva lavorato in La chambre des officiers e in La Vie en Rose. In quel che fa vedo un simbolismo visuale simile al mio.  Colori caldi, una certa qualità estetica… Inoltre, avevo già lavorato assieme a lui in due o tre commercial, tra cui quello per Chanel. Poiché lui non ama gli aggiustamenti di camera – li scelgo sempre io ma non li faccio mai in prima persona – abbiamo assunto l’operatore belga di steady-cam, Jan Rubens. Ma anche se qualche volta propendevamo per colori che in passato ho usato meno – malva, blu, verde… – credo che l’immagine non sia molto diversa dagli altri miei film. E’ come se ogni Direttore della Fotografia, non importa quanto differente, da Darius Khondji a Bruno Delbonnel a Tetsuo Nagata, avesse messo il proprio talento a disposizione della mia visione, della mia immaginazione…

 

Ad ogni modo, ad eccezione del Direttore della Fotografia, ci sono tutti i suoi collaboratori abituali nella truppe…

Si, Aline Bonetto per quanto riguarda le Scenografie, Madeline Fontaine per i costumi, Nathalie Tissier per il makeup, Hervé Schneid per il montaggio (è l’unica persona di cui mi fiderei per finire il film se venissi mangiato da uno squalo!), la

Versaillais per gli effetti speciali, Alain Carsoux per gli effetti visivi, e il team del sonoro: siamo come una squadra. Tra tutti noi c’è, non dico amore, ma qualcosa di speciale che ci unisce. A me piace lavorare con loro perché sono i migliori. E credo che a loro piaccia lavorare con me perché sanno che li farò sudare, in senso positivo, che li spingerò ad andare sempre oltre, e che gli darò i mezzi per farlo bene…

 

La caverna di Ali Babà, dove vivono i rigattieri, è un set molto impressionante.      Che tipo di istruzioni ha dato ad Aline Bonetto?

E a Madeline Fontaine, per i costumi ?

Aline mi ha lasciato senza parole. Ho solo dovuto dirle: “Hanno scavato una caverna

sotto a un cumulo di pezzi di metallo di scarto, perciò i muri devono essere di metallo”. L’ho vista un po’ persa! Poiché, per principio, non mostra mai niente prima che sia terminato, neanche un modellino, ho visto come sarebbe stata la caverna solo una volta completata.

Sono rimasto letteralmente a bocca aperta!

Per i costumi, è stato diverso, quello non è il mio campo. Inizialmente, non avevo molte idee, perciò mi sono basato sulle proposte di Madeline.  Quando ho visto quella salopette surrealista, che era stata ideata per una sola scena, ho detto, “E’ perfetta, è perfetta per Bazil!” L’unica indicazione che ho dato a Madeline per Bazil è stata una foto del pupazzo protagonista del mio primo cortometraggio: La foto di un ragazzo con un grosso maglione che sembrava già  Bazil!

 

Alla fine, l’unica area in cui non è così metodico è la musica…

Si, perché ogni volta cerco di trovare la musica che corrisponda meglio allo spirito della storia del film. Abbiamo pensato a Carlos d’Alessio ancor prima di girare Delicatessen. Per La Città Perduta, abbiamo subito pensato a Badalamenti. Per Alien, avevamo un giovane compositore (costava meno alla Fox!) che ha creato uno stile musicale tradizionale da action movie. Per Amelie, la collaborazione con Yann Tiersen è stata eccezionale e del tutto fortuita.  L’osmosi tra immagine e musica era incredibile.

Per L’ esplosivo piano di Bazil, all’inizio volevo fare qualcosa di un po’ più moderno, un po’ più rap, volevo prendere dei vecchi brani di film d’azione, ma non funzionava. Poi è capitato che mentre cercavamo un estratto di un vecchio film per i titoli di coda – i titoli nei titoli era un’idea che avevo in mente già da tanto tempo – guardando il cofanetto di Bogart della Warner, ho rivisto Il Grande Sonno, e ho trovato esattamente ciò che sognavo.

E improvvisamente, mentre ascoltavo la musica de Il Grande Sonno, composta da Max Steiner, ho pensato che sarebbe stata perfetta per tutte le scene di azione.

Fortunatamente, c’erano delle bellissime registrazioni, perché era stata riregistrata  negli anni ‘70. Ma non era abbastanza. E ancora una volta, il destino ci ha messo lo zampino, esattamente come è successo in Amelie. Un giorno, la controfigura di Dany, che gestisce un ristorante, mi diede un CD di un suo cliente. Lo ascoltai in macchina mentre mi recavo sul set e pensai che era buono. Incontrai il compositore, Raphaël Beau, un giovane insegnante di musica. Gli dissi che ero interessato ma che non potevo promettergli ancora niente. Compose 25 pezzi senza essere neanche ancora assunto! Ogni volta che componeva qualcosa per una determinata sequenza, non funzionava, ma non appena mettevamo la sua musica su una sequenza diversa, era perfetta! Perciò, alla fine, gli ho detto, “Va bene, farai tu il film!”.

 

Ha menzionato Il Grande Sonno. C’è anche un estratto da un cartone animato di Tex Avery, che non poteva essere più appropriato. Come le è venuto in mente?

Anche in questo caso, si è trattato di un colpo di fortuna – o del destino! Guillaume ha una figlia piccola che va pazza per Tex Avery, e un giorno mentre guardava i cartoni animati assieme a lei, vide quella sequenza. Era un coincidenza troppo grande per lasciarsela sfuggire.

Soprattutto, visto che, anche in questo caso, si tratta di un prodotto della Warner Film, e poi Tex Avery è uno dei miei idoli preferiti: ho anche scritto un libro su di lui, tanto tempo fa…

 

In L’ esplosivo piano di Bazil, riscopriamo la Parigi che lei ama, la Parigi tradizionale, ma questa volta coesiste con la Parigi di oggi e con la sua architettura contemporanea.

Sembra voglia farci chiedere in quale periodo sia ambientato il film, visto che le epoche e i vari tipi di architettura sono tutti mischiati. Ad esempio, c’è quella bellissima scena con la linea tramviaria e il vecchio triciclo industriale …   E poi c’è anche quell’uso di YouTube, alla fine del film…

Mi sono divertito con YouTube, per il fatto di usare qualcosa che è così popolare al giorno d’oggi, bisogna anche considerare che spesso vengo criticato per essere troppo retrò. E ho dovuto sbrigarmi a usarlo prima che ad altra gente venisse in mente la stessa idea!

Per quanto riguarda Parigi, ho cercato di cambiare un pò, perchè oramai ho già mostrato tutti i luoghi tradizionali della città che adoro: le colonne del ponte, la metro, le stazioni del treno… mi piaceva l’idea di mischiare determinati elementi della Parigi di oggi che amo, e comunque riesco a filmare solo quello che amo. Perciò, nel film si vedono un magnifico edificio degli anni ’30, la nuova linea T3 del tram, la metro leggera, un moderno ufficio postale sormontato da una luce al neon, il lucernario delle Gallerie Lafayette, con un reparto di abbigliamento sportivo in licra, il Museo d’Orsay e un coffee shop contemporaneo…

La sfida era quella di  celebrare la stessa città, ma in modo leggermente diverso, e di includere le periferie. E’ pur sempre Parigi, e anche se non è idealizzata, è pur sempre vista attraverso la mia immaginazione, attraverso il mio filtro… Non riesco a fare a meno di svuotare le strade, di rendere il cielo più terso, di giocare coi colori.

Mi sono davvero divertito a girare al Canal de l’Ourcq, presso il ponte Crimée:  l’adoro. Prévert è stato fotografato proprio lì da Doisneau; c’è la scuola Marcel Carné lì vicino, e si vede l’imbarcazione Arletty che passa lungo la Senna… E’ lì che è stato girato Mentre Parigi Dorme, un film di Carné, con Jean Vilar nel ruolo di Fate. E poi abbiamo girato le scene ambientate nella sede di una delle fabbriche di armi al Jean Vilar Theatre, a Suresnes. Adoro quelle insegne della fortuna! Difendo strenuamente il patrimonio di Carné-Prévert.

 

Ha detto di non riuscire a fare a meno di svuotare le strade, di rendere il cielo più pulito. Avete fatto ricorso a molti effetti visivi?

Ci sono almeno 350 scene con effetti visivi, ma si tratta di cose piuttosto semplici.

Non ci sono state scene imponenti come in Una Lunga Domenica di Passioni, dove c’era la scena dell’esplosione del dirigibile. Ma c’è sempre qualcosa da cancellare, da cambiare.

 

Sembra amare molto l’artigianato, nel senso più nobile del termine, lo si  vede anche nel film, nella caverna dei rigattieri, ad esempio.

L’adoro. Adoro la fase di creazione di un film e ho bisogno di essere presente durante ogni fase, in ogni istante. Ad iniziare dalla scelta della carta per gli storyboard,

fino ad arrivare alla fase del mix e della calibratura. Diversamente da altri registi, che in quelle fasi della realizzazione di un film si annoiano, io mi diverto in ogni singolo momento. E’ il mio modo di fare le cose e ho diritto a provare quel piacere. Questo tipo di attività sono il piacere supremo per me. Mi sento sempre come un ragazzino che apre la scatola dei Meccano e gioca coi pezzi. E non c’è pericolo che possa lasciare un bullone inutilizzato sul fondo della scatola! Allo stesso tempo, mi sento come uno chef nella sua cucina. Quando prepara un piatto, sceglie gli ingredienti, inventa,  prende dei rischi. Ovviamente gli deve piacere il piatto, ma l’unica cosa che vuole è condividerlo con gli altri. E’ la stessa cosa per me. Il piacere ha un senso solo se posso condividerlo con il pubblico.

In questo film, ad un certo punto, ho sentito l’ansia del budget.  Lo abbiamo girato con 25 milioni di Euro, che è tantissimo per un film francese, eppure ci siamo tenuti stretti. Ora che faccio dei film molto costosi inizio a preoccuparmi. L’ esplosivo piano di Bazil non avrebbe dovuto essere costoso, è solo una storia su dei rigattieri ed è ambientata nel presente! Cosa accadrà il giorno che farò un film di fantascienza?

 

La scelta della Warner per la distribuzione, è stata automatica, considerando la questione relativa a Una Lunga Domenica di Passioni?

Certo. Senza la Warner, senza Francis Boespflug in Francia, senza Richard Fox negli Stati Uniti, non avrei mai potuto fare Una Lunga Domenica di Passioni.  Dopo tutto, ho ottenuto 36 milioni di Euro per farlo, in Francese, in Francia, e con attori francesi: era uno dei miei sogni. Gli devo molto. E onestamente, le questioni relative all’approvazione del film non erano molto illuminanti… Cercare di far sembrare Una Lunga Domenica di Passioni un film Americano, anche se per questioni di lobbying, è davvero grottesco.

 

E’ stato facile per lei trovare il titolo L’ esplosivo piano di Bazil à Tire-Larigot (titolo originale francese)?

No! O il titolo è già lì prima di iniziare a scrivere la sceneggiatura, come Delicatessen, o dovrai cercarlo, e non è sempre facile riuscire a trovarlo. Avrei potuto chiamarlo “Saperlipopette” (me lo tengo per un altro film!). Ma mi piaceva molto l’espressione  “tire-larigot[1]”, era perfetta per lo spirito del film – in realtà è il nome della caverna dei rigattieri.  Ma da solo non funziona come titolo. Credo sia stato Phil Casoar a suggerire L’ esplosivo piano di Bazil à tire-larigot. Mi domando come lo tradurranno negli altri paesi!

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA CON DANY BOON

BAZIL

 

Quando Jean-Pierre Jeunet le ha fatto leggere la sceneggiatura, all’inizio lei ha detto che non voleva fare il film…

Si, sappiamo tutti bene, e tanto più se sei un regista, quanto sia difficile il casting di un film, la scelta degli attori, mettere assieme il film – prima che Kad Merad facesse Giù al Nord, ci sono stati quattro o cinque attori che, o erano già impegnati, o hanno rifiutato! Ma, la prima volta che ho letto la sceneggiatura non riuscivo a togliermi dalla testa che il film fosse stato scritto per Jamel e che non poteva andare bene per me. Nelle descrizioni e nelle indicazioni di regia vedevo Jamel, non me. Ho faticato ad immaginarmi nel ruolo di Bazil.

Eppure ero felice che Jean-Pierre mi avesse chiamato, che avesse pensato a me.

Ho sempre amato i suoi  film, e so che anche lui mi apprezza perchè viene a vedere i miei show da quindici anni. E poi, (credo che l’idea sia venuta al suo agente, Bertrand de Labbey) mi ha proposto di fare qualche provino, così, senza nessuno scopo in particolare, solo per vedere come sarebbe andata.

Un’idea geniale! Siamo andati assieme, con una piccola telecamera, in uno studio, e io ho fatto qualche prova; è andata incredibilmente bene. Mi è piaciuto il modo in cui mi faceva indossare qualsiasi cosa riuscisse a trovare, il modo in cui mi dirigeva, quello che ho provato nel dire le battute e nel lasciarmi guidare da lui. Il legame che si è creato tra di noi è stato immediato. Ha fatto un montaggio del girato sul suo computer, me lo ha mostrato ed è stato allora che mi sono reso conto!

Nonostante avessimo girato con praticamente niente a disposizione, solo con una telecamerina e uno sfondo bianco, era già un film di Jeunet, e il personaggio di Bazil era lì! E allora ho detto si. Inoltre Jean-Pierre mi disse che avrebbe rivisto la sceneggiatura per rendere il personaggio più adatto a me.

 

Prima di lavorare con lui, cos’era dei film di Jeunet che la toccava?

La sua inventiva, la sua creatività, il suo occhio, il suo rigore. Ha un tocco molto  personale e un mondo molto originale, come pochi altri, come Terry Gilliam, Tim Burton, Jacques Tati… E’ un filmmaker geniale che ha uno stile molto distintivo, e, allo stesso tempo, è molto fragile: c’è sempre qualcosa di fanciullesco in ciò che fa.        Ha un modo molto personale di girare e dirigere, possiede un incredibile talento per la costruzione dell’inquadratura…

Tutte cose che ho scoperto durante le riprese, non appena sono arrivato sul set.       Tutto quello che dovevo fare quando arrivavo su quel incredibile set era guardare in macchina e voilà, mi ritrovavo in un film di Jeunet! E anche se è molto esigente, molto preciso e sa esattamente cosa vuole, le sue idee sono tutt’altro che rigide, è sempre aperto all’esplorazione, all’invenzione…

 

 

Quando l’ha riletta, cosa le è piaciuto della sceneggiatura di L’ esplosivo piano di Bazil?

La complessità della storia, l’aspetto dell’avventura di gruppo, il fatto che  non c’è niente altro di simile, la poetica e il lato selvaggio di Jean-Pierre, che ritroviamo in tutti i suoi personaggi, i quali hanno tutti un dono speciale. Sono personaggi incredibili e allo stesso tempo sono incredibilmente potenti e poetici…

 

Come definirebbe Bazil?

E’ un adulto che non è mai cresciuto. Una specie di uomo-bambino perso in un mondo aggressivo, violento, pericoloso e molto… contemporaneo! Sono anche rimasto toccato dal fatto che rimane senza una casa e poi incontra questo gruppo di  outsider che lo prendono con loro. Lui è molto commovente, ha una lato alla “Chaplin”…

 

E c’è un vero e proprio tributo a Chaplin nel film, fuori dalla cattedrale di Saint-Eustache…

Si. Non lo avevamo programmato, è accaduto da sé. Non appena ho iniziato a recitare in quel modo, a Jean-Pierre è piaciuto molto e mi ha incoraggiato.

 

In che modo si sente vicino a Bazil?

In qualsiasi modo, io ovviamente non ho certo una pallottola nella testa! Mi piace la fantasia dell’infanzia nell’età adulta. Anche se sappiamo perfettamente che non siamo più innocenti, mi piace molto questa idea. Mi piace quando Bazil scherza nel film, e quando prende in giro Elastic Girl, interpretata da Julie [Ferrier].

 

Qual’è stata la difficoltà maggiore nell’interpretazione del personaggio di Bazil?

Con quel tipo di ruolo, la difficoltà maggiore è riuscire a rimanere dentro al personaggio dall’inizio alla fine, rimanergli fedele. Mentre dal punto di vista fisico, il problema è stato riuscire a entrare in un cannone! Perché sono molto claustrofobico, lo sono a tal punto, che ho difficoltà a sedermi nei sedili posteriori di una macchina se non c’è la porta, o almeno un finestrino da aprire! Se prendo l’ascensore e le porte ci mettono un po’ di più ad aprirsi, mi sento morire! E quando vado a vedere uno show, mi siedo sempre vicino al corridoio per non sentirmi intrappolato. Questo solo per darvi un’idea…  Perciò, quando mi sono infilato nel cannone, ho pensato che sarei svenuto. Avevo avvisato Jean-Pierre, che mi aveva detto che avremmo trovato una soluzione, e infatti, il giorno delle riprese non aveva trovato un bel niente! Mi ha anche detto che  sarebbe stato impossibile essere sostituito da una controfigura perché mi si sarebbero visti gli occhi… Ma ad ogni modo, ce l’ho fatta. Jean-Pierre ha un talento nel riuscire a farti fare qualsiasi cosa voglia. E’ un regista di attori con una grandissima personalità, e sa esattamente cosa vuole, ma come ho detto, è molto aperto ai suggerimenti. Il che rende tutto molto interessante, perchè in questo modo si può arricchire molto un personaggio. Jean-Pierre interpreta il suo ruolo di direttore di orchestra alla perfezione. Quando in un film non devo fare altro che recitare, mi vengono molti dubbi, ho spesso bisogno di un altro ciak, di aggiungere qualcosa di nuovo. Ma lui, sa capire perfettamente quando ha ottenuto ciò che vuole. E a quel punto mi ferma. E’ molto rassicurante.

E’ fantastica la sensazione di entrare nel mondo di Jean-Pierre Jeunet.

 

E anche di ricostruire i suoi ricordi, forse? La scena in cui mangia il formaggio Vache Qui Rit sembra appartenere ad un’esperienza reale… oppure è improvvisazione?

No, non è improvvisazione. E’ stata scritta così, voleva che la recitassi in quel modo. Sono certo che lo faceva da bambino!  Il che rende tutto ancora più toccante. Perché è estremamente piacevole riscoprire quei piaceri dell’infanzia attraverso la recitazione… E’ stato lo stesso con la scena di doppiaggio de Il Grande Sonno, anche se tecnicamente è stato molto più complicato! Ho lavorato così duramente che alla fine ho imparato tutto a memoria, il  dialogo, il ritmo…

 

Cosa l’ha sorpresa di più del suo approccio nei confronti del personaggio che interpreta?

Quando mi ha fatto rasare la testa! Anche se, lo ripeto, amo cambiare spesso il mio aspetto.

Quando in alcune scene utilizzava il grandangolare, poichè usa sempre molte lunghezze focali corte, mi diceva: “E’ fantastico, sei davvero orrendo, sarai bruttissimo ma la scena è fantastica”. Io mi dicevo, “Qual è il problema, sei nel mondo di Jeunet, va tutto bene”. E aveva ragione lui.

Essere belli o essere brutti in quel tipo di film non è importante.

La cosa più complicata con lui è quando c’è una scena emotiva: lui è esigente tanto quanto nella composizione dell’immagine o in una scena che preveda degli stunt! Ad esempio nella scena in cui vado per la prima volta nell’ufficio di uno dei mercanti di armi, travestito da cameriere, e assisto a un orribile discorso di Nicolas Marié, era previsto che dovessi piangere, perciò mi disse: “Devi farti scendere la lacrima da questo lato del viso, e deve scendere in questo modo”. E la cosa più stupefacente è che riesce ad ottenere ciò che vuole. Riesci a farlo e risulti anche sincero! Io so da dove proviene un tale rigore. Anche io quando ero adolescente amavo fare dei film in super 8, avevo anche un vecchio registratore che usavo per fare le voci e i suoni… Ricordo il piacere che ho provato quando, improvvisamente, ho accartocciato un pezzo di carta provocando un rumore simile allo scoppiettio del fuoco. Ero in estasi!  Jean-Pierre conserva ancora quel lato fanciullesco. Lui è un  artigiano, ma oramai è diventato un artigiano ai più alti livelli professionali.

 

Il fatto di essere diventato lei stesso un regista, ha cambiato la sua posizione sul set e il modo in cui lavora assieme agli altri registi?

Forse sono più paziente. Ero già paziente prima, ma adesso comprendo meglio il lato tecnico. Non ho più bisogno di farmi dire dove devo guardare. Inoltre, poichè ho lavorato come story-boarder nel campo dell’animazione, ho il senso dello spoglio di una scena. E adesso, per esperienza, so che per scrivere e realizzare un film ci vogliono un anno e mezzo, due anni, prima di iniziare a girare, nel corso dei quali si imparano tutte le battute a memoria, perchè ci hai lavorato e rilavorato sopra, le hai riviste, hai esaminato ogni emozione: dalla gioia più grande alla depressione più profonda. A quel punto, quando poi arrivi sul set, sai tutto, mentre da attore hai potuto riflettere solo sul tuo personaggio – ed è proprio quella spontaneità che è così importante. E’ per questo che è nel tuo stesso interesse lasciarti guidare dal regista, che ha già due anni di lavoro alle spalle…

 

Nel film, ci sono molti suoi colleghi che provengono da ambiti diversi…

E’ stata una delle cose piacevoli di questa avventura. Eravamo un gruppo molto unito. Mi piace il modo in cui questo tipo di famiglie si formano. Ogni volta è una vita nuova. Si attraversano tutte le fasi, tutta la gamma di stati d’animo, tutti i livelli di fatica, tutte le gioie… E’ stato un piacere conoscere Jean-Pierre Marielle, lavorare di nuovo assieme a Julie [Ferrier], che conosco da molto tempo, e vedere quella contorsionista che le fa da controfigura: per uno come me che ha difficoltà a piegare le ginocchia, vederla fare il riscaldamento mettendo la testa all’indietro tra le gambe è stato terrificante! E’ stato anche fantastico lavorare assieme ad André Dussollier. Continuavo a prenderlo in giro per la sua parrucca! E poi tutti gli altri…  Yolande Moreau, Dominique Pinon, Omar Sy… Sul palco sono completamente solo, perciò è proprio questo che mi piace dei film: il fatto che siamo un gruppo…

 

Sappiamo che si impegna nella lotta contro la discriminazione, l’ingiustizia e la destra radicale. E’ rimasto toccato dal modo in cui il film usa la commedia al fine di attaccare i fabbricanti di armi?

Certo. Si è una commedia, ma lo scenario è significativo. C’è qualcosa di politico in questa storia, nella lotta di queste persone, che vivono ai margini della società, contro i grandi businessmen, che sono anche dei venditori di morte… Il discorso pronunciato dal personaggio di Nicolas Marié, che ho già menzionato precedentemente, è talmente vero che è davvero terrificante. Loro parlano proprio così, e nascondono il fatto che il loro “crescente mercato”, come lo chiamano loro, permette a metà degli esseri viventi di uccidersi a vicenda.

Lo fanno per ragioni legate al profitto, e non si fanno alcuno scrupolo! Mi piace il modo in cui il film mischia humour bizzarro e uno scenario lievemente politico…

 

Pensa di essere riuscito a far scivolare un pò del suo mondo nel mondo di Jeunet?

Si, credo di esserci riuscito, quanto meno col mio personaggio. Al meno, questo è quello che dice Jean-Pierre.

 

Il fatto di aver lavorato con lui, di averlo visto all’opera, cambierà il suo modo di lavorare come filmmaker?

D’ora in poi, girerò solo con il grandangolare! Anche i video di compleanno dei miei figli!

 

 

Se potesse conservare una sola immagine di questa avventura, quale sarebbe?

Le riprese finali in Marocco. C’era un movimento della gru estremamente complesso, non avevamo più tempo, c’erano non so quante comparse, avevamo trascorso l’intera giornata preparando la scena, e siamo riusciti a girare la scena solo all’ultimo momento, nell’istante esatto in cui il sole stava tramontando!

Era perfetto. E’ stato un momento favoloso e così emblematico di quanto appassionato ed  esigente sia Jean-Pierre, della sua abilità di andare fino in fondo, di superarsi e di spingerci a superare noi stessi… E’ stato estenuante ma fantastico!

 

Mentre sarà impegnato nella promozione di L’ esplosivo piano di Bazil, dovrà anche prepararsi per Olympia, finire la sceneggiatura del suo prossimo film e supervisionare il remake Americano di Giù al Nord, di Will Smith… Non è tanto per un solo uomo?

E’ proprio questo che è favoloso, che è emozionante. Ho terminato la prima  stesura della sceneggiatura in estate e i primi riscontri sono molto positivi, devo lavorarci ancora, ma procede tutto bene. Mi sono tolto una grossa spina dal fianco: scrivere il mio terzo film, e attualmente sono impegnato nello show – il che spaventa molto Jean-Pierre, perchè  ha paura per me quando gli dico che non ho ancora finito la sceneggiatura! Le sue preoccupazioni mi mettono un po’ di angoscia in certi giorni, ma lo faccio da quindici anni, quindi dovrebbe andare tutto bene… E per quanto riguarda il remake, Will Smith ha una truppe talmente favolosa che non dovrebbe esserci alcun problema. Mi piace avere tante attività. E’ molto appagante fare tutto e incontrare autori e filmmaker che hanno un loro mondo personale.  Andiamo avanti solo se ci nutriamo degli altri. E’ ciò che ci fa evitare di ripetere noi stessi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I PERSONAGGI DI JEAN-PIERRE JEUNET

‘I RIGATTIERI’

JEAN-PIERRE MARIELLE

SLAMMER

 

Ha trascorso tre quarti della sua vita in prigione. Nel 1959, la ghigliottina si è inceppata e lo ha appena sfiorato. In  tutta la storia, è accaduto solo due volte. Ha ricevuto la grazia. Non esiste serratura che possa resistergli.

 

“Ovviamente, quando diciamo che la ghigliottina si è inceppata due sole volte in tutta la storia, è pura fantasia! Marielle è il tipico attore col quale desideravo lavorare. Tutto quello che deve fare è parlare, il solo suono della sua voce dà vita a un’era di cinema… Lui e Dany si sono trovati molto bene assieme. Sin dall’inizio si è creato una specie di gioco tra di loro: battute, falsi insulti – come per dissimulare il rispetto e l’amicizia che li univa”.

 

YOLANDE MOREAU

MAMA CHOW

 

E la mamma di tutti.  Ha perso due bambine al parco giochi: sono entrate nella Casa degli Specchi e non sono più uscite fuori. Da allora, ha adottato questi energumeni senza famiglia e gli fa anche da cuoca.

 

“Yolande era una scelta talmente ovvia per questo personaggio… Ha un’abilità fenomenale per l’improvvisazione, ma non lasciatevi ingannare: prima di ogni ripresa si mette in disparte tutta sola a riflettere, è la scuola di Jérôme Deschamps! E’ una gioia lasciarla improvvisare, anche se non è esattamente questo il modo in cui sono abituato a lavorare! Quando abbiamo girato le scene all’aeroporto ha fatto ridere a crepapelle tutta la truppe.  E’ un’attrice eccezionale. Ha già interpretato la portiera in Amelie. Paradossalmente, siamo sempre un po’ intimiditi l’uno dall’altra. Comunque  l’adoro”.

 

 

JULIE FERRIER

ELASTIC GIRL

E’ sempre la prima a farsi in quattro per aiutare gli altri. Un’anima sensibile in un corpo flessibile.

 

“Avevo visto lo show di Julie e sono diventato un suo grandissimo ammiratore. E’ un genio assoluto. Il modo in cui riesce a trasformarsi in personaggi sempre diversi è eccezionale. Basta guardare cosa ha fatto in occasione dell’ultima cerimonia dei César, dove anche Emma Thompson e Sean Penn sono stati ingannati dal suo personaggio di povera attrice maldestra! Non appena l’ho vista sul palcoscenico, ho desiderato fare un film con lei. Era perfetta per Elastic Girl: è capace di esprimere sia il lato comico che quello disturbante che caratterizzano tutti i contorsionisti”.

 

 

OMAR SY

REMINGTON

 

In passato ha lavorato come etnografo a Brazzaville. Scrive a macchina liste di tutto quello che i suoi amici gli portano, e tutti i vecchi proverbi francesi che sente.

 

“E’ stato divertente creare le sue battute. Quando gli escono dalla bocca, con quel suo accento africano, sono ancora più divertenti. Omar è una persona molto gentile e  affettuosa. E’ anche molto professionale ed è un piacere lavorare con lui. Non ha neanche lontanamente sfiorato tutto il suo potenziale. Durante i provini, quando doveva ripetere per la prima volta le sue battute assieme a André Dussollier, era così ansioso che ha fatto innervosire anche me. Ma non avrebbe potuto fare di meglio!

Riesce a fare qualsiasi cosa. Gli è piaciuto molto interpretare il ruolo. Non è stato facile perchè lo humour nelle sue battute ci mette un pò a svilupparsi completamente”.

 

 

DOMINIQUE PINON

BUSTER

 

Il suo sogno è quello di entrare nel libro dei record. E infatti, nel 1977, ha superato – per nove metri! – il record di uomo cannone.

Ma è un uomo completamente distrutto, sia in senso letterale che figurato.

“E’ impensabile lasciar fuori Pinon dai miei film! Con la sua faccia e il suo talento, mi è impossibile fare a meno di lui, senza parlare poi del legame che si è creato tra di noi, nel tempo. Quel che faccio è metterlo ogni volta nella peggiore situazione immaginabile. In Delicatessen, è stato attaccato su un water per una settimana. In La Città Perduta, è stato legato con una fune ad una piattaforma, in mezzo al mare.  In Alien, era avvinghiato come uno zaino alla schiena di Black, e sottacqua. In questo film l’ho fatto buttare nella Senna! Ha dovuto anche farsi vaccinare contro l’urina dei ratti! Gli faccio fare delle cose incredibili: suonare la sega, pensare di essere l’uomo cannone…   Quando vedo come contribuisce alle scene, anche quando non è in primo piano, rimango stupito. Riesce ancora a sorprendermi e a farmi ridere tantissimo”.

 

 

 

MICHEL CREMADES

TINY PETE

 

E’ l’artista della banda. Costruisce delle fantastiche sculture automatizzate e delle particolarissime macchine con i materiali di scarto che gli portano. Non lasciatevi ingannare dalla sua taglia minuta: è dotato di una forza erculea.

 

“Lo abbiamo visto centinaia di volte nelle commedie di Claude Zidi, perciò volevo affidargli un ruolo inaspettato. Adoro la scintilla nei suoi occhi”.

 

 

MARIE-JULIE BAUP

CALCULATOR

Suo padre era un agrimensore e sua madre una sarta. Ha un cervello grande come un fagiolo ma ha l’occhio molto lungo. Misura, calcola, valuta e organizza qualsiasi cosa gli altri portino a casa.

Conta sempre tutto, e si può sempre contare su di lei.

 

“Ovviamente, il personaggio di una ragazza timida e introversa non è affatto nuovo nel mio mondo… Ho scoperto Marie-Julie mentre stavo facendo il casting per un altro ruolo.

Lei è la rivelazione del film. Almeno fino ad oggi, non aveva mai fatto un film, aveva fatto solo del teatro. E’ sensazionale nel ruolo di Calculator, che per molti versi è vicino a quello di un’autistica”.

 

 

 

I MERCANTI DI ARMI

‘I CATTIVI’

ANDRE DUSSOLLIER

NICOLAS THIBAULT DE FENOUILLET

E

NICOLAS MARIE

FRANCOIS MARCONI

 

“Mi sono divertito a dare ad André Dussollier il ruolo di un cattivo da cartone animato, simile, per certi versi, a Jacques Monod, il caratterista degli anni ‘50.  André ha apprezzato molto la possibilità di incarnare questo francese vecchio stile e senza coscienza. Quando gli ho dato da leggere la sceneggiatura, ha lasciato un messaggio di venti minuti nella mia segreteria in cui mi diceva quanto gli sarebbe piaciuto interpretare il ruolo”.

“Nicolas Marié non è molto conosciuto. Ma è un attore incredibile. Era fantastico nei film di  Dupontel e in 99Francs, di Jan Kounen. L’ esplosivo piano di Bazil dovrebbe renderlo una star, se lo merita davvero”.


[1]N.d.t. “Boire à tire larigot” era un incitamento a far uscire il vino dalle bottiglie come si fa uscire il suono dagli strumenti.

Il trailer italiano:


Trame ed altre informazioni sono tratte dal materiale stampa relativo al film.
Per consultare le uscite dell’ultimo week-end italiano visitate lo spazio “Al cinema…”, per gli incassi del box office, trailer e notizie dal mondo del cinema andate allo spazio settimanale “Cinema Festival”.

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