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Cinema futuro (1.378): “Solo per vendetta” 01/09/2011

Posted by Antonio Genna in Cinema e TV, Cinema futuro, Video e trailer.
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Cinema futuro - Il cinema del prossimo week-end “Solo per vendetta”

Uscita in Italia: venerdì 2 settembre 2011 (in anteprima mondiale)
Distribuzione: Eagle Pictures

Titolo originale: “The Hungry Rabbit Jumps” (“Seeking Justice”)
Genere: drammatico / thriller
Regia: Roger Donaldson
Sceneggiatura: Robert Tannen
Musiche: J. Peter Robinson
Durata: 104 minuti
Uscita negli Stati Uniti: 2011 (ancora non fissata)
Sito web ufficiale (USA): nessuno
Sito web ufficiale (Italia): cliccate qui
Cast: Nicolas Cage, January Jones, Guy Pearce, Jennifer Carpenter, Harold Perrineau, Xander Berkeley, Monica Acosta, IronE Singleton, Joe Chrest, David Jensen, Cullen Moss, Jason Davis

La trama in breve…
Nick Gerard (Nicolas Cage) è un insegnante d’inglese la cui vita viene sconvolta quando la moglie Laura (January Jones) viene violentemente aggredita senza un apparente motivo. Mentre osserva sua moglie nel letto d’ospedale, si avvicina un perfetto sconosciuto chiamato Simon (Guy Pearce). Simon espone a Nick la possibilità di vendicare sua moglie. Potrebbe aspettare che la polizia trovi il colpevole, lo arresti e lo metta nella mani della giustizia. Oppure, potrebbe affidarsi a Simon e ai suoi ‘amici’ che troverebbero il colpevole e lo giustizierebbero entro l’alba del giorno dopo. Emotivamente provato, Nick accetta l’offerta, che purtroppo innescherà una spirale infernale di eventi che lo porteranno piano piano a perdere totalmente il controllo della sua vita…

Note di produzione

Immagina di essere nei panni di Nick Gerard…non è esattamente la situazione nella quale vorresti trovarti, questa notte.
La persona che più ami al mondo è stata brutalmente violentata, sta soffrendo e continuerà a soffrire a lungo, durante la fase di recupero fisico e mentale…e poi ci sarà il processo: uno di quelli in cui il verdetto è incerto e la sentenza imprevedibile.
Sei distrutto, infuriato e vulnerabile. Uno sconosciuto dall’aria calma e rassicurante ti offre l’occasione di porre subito fine al tuo problema, di farti giustizia da solo.
Una mente imparziale, razionale e filosofica inorridirebbe al solo pensiero, ma tu sei emotivamente coinvolto e poco lucido. Sei devastato dal dolore e la tua mente è annebbiata. Lo sconosciuto percepisce la tua esitazione ed inizia ad allontanarsi.
“Aspetta un momento…” gli sussurri.

In “Solo per vendetta” è appunto questa decisione fatale, presa in preda al dolore e all’angoscia, ad innescare una spirale perversa di intrighi, manipolazioni, timori e paranoie: nell’optare per la vendetta fai da te anziché per la giustizia istituzionale, un uomo, marito devoto e integerrimo professore, si trasforma in un ricercato, in fuga dalle autorità e dal farisaico leader di un’associazione segreta di vigilantes.

“Questa è la storia di un uomo disperato, il quale accetta l’offerta di quella che appare una giustizia rapida e sicura,  ma che presto si renderà conto di aver invece stretto un patto con il diavolo” – racconta il regista Roger Donaldson, già regista di alcuni thriller di successo come  “No Way Out” e “La rapina perfetta” – “ritrovandosi invischiato in qualcosa di  molto più grande di quello che si immaginava”.

Scritta da Robert Tannen e Yuri Zeltser,  la storia esplora, in rapide sequenze, un complesso labirinto psicologico, fatto di vittimismo, di rivalsa e di ricerca della giustizia. Tannen, che ha collaborato col regista per rifinire la sceneggiatura direttamente sul posto, a New Orleans, durante le settimane prima delle riprese. Egli dichiara di essere felice che la storia si trovasse nelle mani di Donaldson e di Nicolas Cage,  del quale è un grande fan.

Cage sostiene di essere stato attratto dalla storia perché offre uno spunto di riflessione filosofica sulla natura umana: “Questo è il motivo per il quale sono salito a bordo.  Spero di arrivare al punto in cui potremo assistere a come Simon demolisce  il personaggio Nick e fa emergere le sue radici di uomo delle caverne”.

La sceneggiatura è stata proposta al produttore Ram Bergman dal suo amico, l’agente Brian Dreyfuss, che rappresenta il regista Rian Johnson e per il quale Bergman ha prodotto “Brothers Bloom” (per la  Endgame) e “Dose mortale”.

Dice Bergman: “Ho trovato la sceneggiatura emozionante e piena di suspense. Le manipolazioni psicologiche mi ricordavano “Gioco d’amore”.

Bergman ha avuto riscontri positivi da parte di molte società, ma alla fine ha portato il progetto alla Endgame (nominata  all’Oscar per “An Education”), con la quale aveva già instaurato un solido rapporto di collaborazione, in quanto già società produttrice dei precedenti film di Johnson.

Il presidente, nonché amministratore delegato, della Endgame, James Stern, commenta: “Mi è piaciuto molto il concetto del “vigilantismo” che prende una brutta piega.  L’aspetto  fantastico della nostra posizione alla Endgame è che non dobbiamo aspettare nessuno. Ci siamo semplicemente detti: “Questo è il film che vogliamo fare. Facciamolo!”.

Il primo sulla lista di Stern e Bergman, a cui poter affidare la regia del film, era Roger Donaldson, del quale  Stern dice:  “E’ stato autore di lavori brillanti ed ha molto successo nel suo ambiente. Riesce ad ottenere delle grandi interpretazioni dai suoi attori ed è un artigiano, un veterano del ritmo delle inquadrature e dei sotterfugi cinematografici. Era la persona più adatta per la realizzazione di questa storia”.

Donaldson racconta che la sceneggiatura si presentava da subito molto accattivante, pregna di domande intriganti sul ruolo della società nel mantenere un equo sistema di giustizia.  Il personaggio di Nicolas Cage  si trasforma da uomo convinto che la violenza non sia mai la risposta giusta per risolvere un problema,  a uno che finisce con  l’abbracciarla”.

Cage, che in parte ha accettato il progetto proprio perché Donaldson ne curava la regia, concorda con il regista, aggiungendo: “Nick non è un uomo violento, non gli piacciono le pistole, ma ne diventa succube per il suo bisogno di vendetta, che lo porta a sfogare tutta la sua rabbia e la sua aggressività”.

Insieme all’accoppiata Cage/Donaldson, i realizzatori  hanno contattato January Jones, con la quale da un po’ di tempo Cage desiderava lavorare, e Guy Pearce, che Bergman descrive come “attore incredibile, in grado di rappresentare in modo convincente sullo schermo il gioco del gatto con il topo. Il suo personaggio, pur essendo il ‘cattivo’ della storia, è convinto che quello che sta facendo è per una giusta causa”.

Così, come spesso accade a chi si erge a giudice, giuria e boia, Simon diventa pericolosamente presuntuoso.
“Simon probabilmente ha iniziato col sentirsi deluso da un sistema giudiziario che ritiene non adeguato, ma in seguito inizia a manipolare la situazione a suo vantaggio” -spiega Guy Pearce – “Secondo me le persone sono, in generale, abbastanza influenzabili e per alcuni è difficile capire il confine tra giusto e sbagliato.”

La produzione di “Solo per vendetta” è iniziata il 7 dicembre  2009.  In una giornata calda e piovosa Nick si reca alla zoo di New Orleans, inviato da Simon sulle tracce di qualcuno, ma senza avere la minima idea del perché. E’ il primo di una serie di incarichi che lentamente lo trascinano nell’orbita di Simon.
Chiuso al pubblico durante le riprese, lo zoo ha però offerto a prezzi scontati molti articoli da regalo, permettendo ai fortunati che si trovavano in zona, di acquistare fa l’altro orsacchiotti di peluche a metà prezzo o una foto con Nicolas Cage, che ha posato volentieri per i suoi fan.

Il giorno successivo la produzione si è spostata alla taverna di Warren’s Corner ad Algiers, dall’altra parte del Fiume Mississippi,  per le scene ambientate all’interno di un circolo di scacchi dove Nick e Jimmy si sfidano. Sono state scelte comparse dal circolo scacchistico Mari Gai, che hanno fornito suggerimenti preziosi sul gioco a Harold Perrineau.

Racconta l’attore:  “Mio padre mi ha insegnato a giocare a scacchi, ma erano anni che non giocavo, perciò mi sono messo a studiare perché non volevo apparire ridicolo davanti a Nic. Mentre stavo facendo esercizio prima della scena, alcuni maestri di scacchi locali mi dicevano, ‘Sposta la dama in E4’ e roba del genere. Nic mi ha chiesto: ‘Ma sei un campione di scacchi”? E io: “No,  volevo solo essere preparato perché ero certo che ti saresti allenato”. E lui ha risposto: “No, ho solo imparato le mie battute e mi sono presentato”. Perrineau aggiunge: “Lavorare con Cage è stato un po’ strano, perché conoscevo già benissimo la sua voce, quasi mi astraeva dalla realtà ascoltarlo. E’ stato comunque fantastico lavorare con lui, e sono rimasto colpito da quanto fosse concentrato e sempre preparatissimo ”.

Il 9 dicembre sono state effettuate delle riprese al Piety Recording Studio, per rappresentare uno studio di registrazione dove Laura incide canzoni con alcuni altri musicisti, fra cui la sua amica Judy (Jennifer Carpenter).  Se pur appassionata di musica January Jones non ha mai avuto un vero training specifico in materia ed è  stata felicissima quando le si è  presentata l’opportunità di prendere lezioni di violoncello e di basso per la preparazione del film.

“Ho sempre  voluto suonare uno strumento. Uno degli aspetti migliori dell’ essere attrice è quello di poter imparare sempre cose nuove” – sostiene la Jones – “Il violoncello è uno strumento difficile da suonare, ma ho imparato abbastanza da riuscire a barare. Ed è stato davvero divertente suonare il basso. Mi è piaciuto da morire”.

Essendo una musicista con repertorio sia jazz che classico, il personaggio della Jones vive diviso fra il mondo eclettico dei musicisti pop, sempre chiusi negli studi di registrazione, e quello degli  ambienti più formali della musica sinfonica.  “Questa dicotomia professionale traspare dal suo abbigliamento” – ci fa notare la costumista, Caroline Eselin-Schaefer – “il guardaroba di  Laura è composta fra l’altro da capi bohemien, gonne  scivolate e stivali fantastici. Aggiunge molto colore alla fotografia del film, spaziando fra innumerevoli toni di blu e di grigio, pieno di capi di abbigliamento di tendenza. Laura ha un’ innata eleganza e raffinatezza, è una potenziale cliente di Sax, ma fa acquisti anche in un negozietto di roba usata o in una piccola boutique di Magazine Street”.

“Nick è esattamente l’opposto” – racconta la Eselin-Schaefer – “Si veste sempre con colori scuri: nero, grigio, marrone e viola. Non è il tipo da camicia con bottoncini e colletto, o abbigliamento accademico. Nick è piuttosto il genere di professore che vive in mezzo agli studenti e interagisce con loro. Porta vestiti comodi, semplici: stivali, pantaloni di velluto a coste, camicie “western” a quadretti, con bottoni  automatici  e maglioni con lo scollo a V”.

“Nic sta magnificamente bene in  abbigliamento scuro e indossa gli abiti in modo fantastico.  Durante la prima prova costumi, ho pensato: “Che bell’aspetto che ha, mi divertirò molto!”.

Simon, invece, ha uno stile molto diverso. “E’ il cattivo che si veste in modo classico/elegante, fa colpo: abiti blu scuro, argento e lilla, molto alla moda. Sta benissimo e dà l’impressione di una persona che prende le cose molto seriamente”.

Sempre il 9 dicembre la produzione ha iniziato i cinque giorni di riprese in interni ambientate nell’appartamento di Nick e Laura. Le pareti erano decorate da quadri dipinti da un amico di Donaldson: l’artista e scenografo  Rob Pearson.   Il salotto costoso, con pareti in mattoni, è arredato con mobili di giunco e pelle nera, molte librerie e, come ci si può aspettare dalla casa di un professore di lettere,  una scrivania ricoperta di libri e compiti.

Fra una scena e l’altra Donaldson e Cage  chiacchieravano amichevolmente, seduti sul divano, di svariati argomenti, fra cui la ricostruzione di New  Orleans. Un argomento appropriato, considerando la storia dell’edificio in cui si trovavano: l’ American Can Company.

Come dice il nome stesso,  il vecchio edificio industriale nel centro di  New Orleans era originariamente una fabbrica di lattine, chiusa nel 1988.  Venne Ristrutturato poi nel 2002 per ricavarne diversi  appartamenti. Questo edificio ha impressionato milioni di spettatori esterrefatti quando, tre anni dopo, dozzine di persone trovarono rifugio sul suo tetto per scampare all’alluvione causata dall’Uragano Katrina.  La struttura fu di nuovo restaurata dopo l’accaduto e adesso ospita 200 appartamenti di media grandezza.

Racconta il regista Roger Donaldson che il direttore della fotografia, David Tattersall,  voleva inquadrature a mezzo steadicam per poter riprendere a 360 gradi l’interno dell’appartamento di Gerards. Questo significava ridurre al minimo tutte le attrezzature a vista: luci,  cavi e altri supporti.  “Allora abbiamo preferito utilizzare delle fonti di luci “soft”, che arrivavano dalla finestra, e poi abbiamo applicato una semplice struttura al soffitto per aumentare la luce naturale.  Questo sistema era in linea con la nostra filosofia, ossia lasciare che fossero le location a decidere al posto nostro il modo di  girare”.

Durante la fase di pre-produzione, Tattersall ha mostrato a Donaldson numerosi DVD di thriller classici e contemporanei,  ed hanno discusso a lungo del potenziale stile di “Solo per vendetta”.

“Cominciavamo ad intuire il sapore che volevamo dare al film, e soprattutto quello che non volevamo fare”, spiega Tattersall.  “Sapendo che avremmo girato una sceneggiatura di 122 pagine, divisa in 220 scene, e che in alcuni giorni avremmo avuto  location molteplici, le premesse erano quelle di girare con uno stile semplice e diretto, e di utilizzare il più possibile la luce che la location offriva. Abbiamo esagerato i contrasti, intensificato e sfruttato i cambi di colore che avvenivano con la luce naturale. Volutamente non li abbiamo resi più omogenei, solo per creare un aspetto armonioso”.

L’atteggiamento di utilizzare ciò che la location offriva valeva anche per gli esterni, aggiunge Tattersall. Se piove fa parte della scena, se è nuvolo usiamo le nuvole. L’approccio ha dato un risultato pragmatico, sia dal punto di vista del contenuto che del piano di lavorazione, perchè il clima a  New Orleans è eccentrico, una vera sfida durante tutto il periodo delle riprese, incluse alcune riprese a dicembre con un freddo da record.

Tattersall ha girato con un sistema Panavision Genesis® digital camera, usando un sistema di registrazione solid-state, introdotto dalla Panavision agli inizi del 2009. Il sistema elimina completamente l’utilizzo di pellicola vergine e permette al regista e al direttore della fotografia una grandissima flessibilità nel controllo di alcune cose quali ad esempio la temperatura e i contrasti.  “Essenzialmente possiamo fungere da  studio di post-produzione mentre stiamo facendo le riprese” spiega Tattersall.  “E Roger può controllare la messa a fuoco ed i movimenti della macchina da presa sul posto, anziché dover aspettare un giorno o due per i giornalieri.”

Il regista Donaldson commenta: “Adoro il fatto che il digitale ti dà risultati istantanei e permette un enorme libertà di manipolazione. David è stato un pioniere del digitale,  ed ha alle spalle un incredibile curriculum. La tecnologia non è certo una cosa che lo intimidisce”.

Il digitale permette anche al regista di girare liberamente tutti i ciak che vuole senza dover ricorrere  a spese di pellicola maggiorate.

Il produttore Ram Bergman dice: “A Roger piace riprendere molti ciak, con due o tre macchine da presa alla volta.  Se non avessimo avuto il digitale avremmo fatto bancarotta”.

Tattersall è d’accordo. “Abbiamo girato l’equivalente di 260,000 metri di pellicola, in questo film. Il digitale rende anche più liberi gli attori perché non si preoccupano della pellicola consumata, girare diventa meno costoso. Roger può adoperare di continuo le macchine da presa, battere molti ciak e sperimentare quanto vuole”.

In effetti, a volte a Donaldson servono 20 o più ciak,   leviga le interpretazioni, cattura sfumature. Con la sua esperienza di cameraman e fotografo di scena ha un occhio molto allenato al dettaglio ed è un perfezionista per quanto riguarda lo stile.

Nicolas Cage racconta: “Ho accettato questo lavoro con Roger, perciò ovunque lui voglia andare io andrò con lui. A volte lo prendo in giro come lui prende in giro me, ma sono disposto a mettermi in gioco se cerca qualcosa di particolare. Ci sono state volte in cui, dopo il 18esimo ciak, gli veniva in mente qualcosa di diverso e io, anche se non me lo aspettavo, lo facevo. E’ uno dei motivi per i quali lavoriamo bene assieme e abbiamo condiviso molta strada e molte emozioni”.

La produzione ha concluso le riprese del 2009 con due giorni di interni:  il set dell’ospedale, dove si è girato il 17 e 18 dicembre, prima delle due settimane di pausa per le vacanze natalizie

Alla ripresa, il 5 gennaio, New Orleans aveva un’ aria ancora più festosa che durante il precedente periodo natalizio.  I Saints, tanto amati dalla città, erano in lizza per aggiudicarsi il Super Bowl.  Già nota come la città dei “party”,  New Orleans era letteralmente impazzita.  Sia la gente del luogo che i turisti si salutavano con il famoso grido “Who Dat”,   e tutto questo entusiasmo ha contagiato anche la troupe.

January Jones ci racconta: “Ero seduta con la famiglia di Drew Brees (il  quarterback dei Saints) durante la partita del  campionato NFC, e ho avuto l’onore di fare parte di tutto questo, il che mi ha resa molto felice”.

“Non ho parole per esprimere quanto sia emozionante essere qui adesso e capire quanto questa squadra significhi per la città”, commenta Ram Bergman.  “Siamo anche all’inizio del periodo di carnevale e sembra che qui nessuno dorma mai”.

New Orleans ha un ruolo fondamentale nella storia degli Usa, non solo per la sua architettura unica e la sua vivacità, ma anche per la sua reputazione di città misteriosa, dove le cose vengono sempre fatte in modo diverso.

Il produttore James Stern commenta: “E’ sempre esistita l’idea che non sia facile capire la verità qui. A New Orleans le cose non sono necessariamente come appaiono. Questa atmosfera si adatta perfettamente alla sceneggiatura, ricorda molto l’ambientazione del film “Chinatown” dove, come spiegazione alle stranezze che avvenivano sotto gli occhi dei “forestieri”, gli abitanti rispondevano semplicemente: ‘Questa è Chinatown, amico’”.

L’intento dello scenografo Dennis Washington è stato quello di presentare la città  “in modo organico ed autentico”, di non mostrare solo la New Orleans delle brochures turistiche. In questa città c’è molto spessore intellettuale, cultura e  vi si mischiano differenti strati sociali, e noi vogliamo rappresentare esattamente tutto questo”.

Dal momento che la maggior parte delle riprese si sono svolte per ragioni pratiche nelle vicinanze (per facilitare la programmazione di 40 giorni di lavorazione), il compito di Washington è stato principalmente quello di  creare scene che fossero in sincronia con l’atmosfera del film.”

“La storia e la ricchezza di questa città offrono molti  scorci meravigliosi, anche rimanendo nelle vicinanze”, racconta Washington. “Noi vogliamo che Nick sembri muoversi in posti normali, non possiamo creare un mondo irreale, perché non sarebbe fedele alla storia, pur usando manipolazioni dello spazio, delle sfumature di colore o di altri aspetti visivi. Per esempio, a volte, l’ambientazione si scurisce di tono, oppure gli spazi sembrano  invadenti”.

Washington ha creato solo due set: una centrale di polizia  (“perché non si può chiedere ai poliziotti di andarsene per una giornata”) e l’interno di un ospedale.  “Dopo Katrina  tutti gli ospedali ancora in funzione erano molto affollati. Non c’erano zone chiuse e libere dove  potevamo fare le riprese”.

Una delle curiosità sulla cultura di New Orleans, che Washington non ha resisto ad includere, sono i famosi carri decorati del Mardi Gras, ma ha usato anche questi  in modo allusivo ed originale. Per le persone che costruiscono questi carri, insieme agli ospiti e agli sponsor, è tradizione fare una festa nei magazzini dove sono stati creati, la notte prima della sfilata. Questi “krewe party” (così li chiamano) hanno fatto da set per  ambientare una festa alla quale prendono parte Laura e Nick: la loro prima uscita dopo l’aggressione.
In scena si nota la coppia che si sta divertendo in mezzo ai suoni dell’allegra New Orleans, bevendo qualche drink e ridendo con gli amici. Sullo sfondo invece teste scolpite e figure in ombra, che entrano ed escono dall’inquadratura, dando vita alla sequenza più colorata del film.

Un altro sito con una lunga tradizione storica che è stato inserito nel film è l’albergo “Le Pavilion Hotel”. Grande un intero isolato, è stato un deposito di treni ed in seguito un  teatro, prima di diventare l’Hotel New Denechaud, nel 1907, il più grande albergo del sud. Al suo interno sono stati messi in funzione i primi ascensori idraulici della città ed è stato uno dei primi edifici con un piano interrato. Restaurato negli anni settanta, assunse in quella occasione l’attuale nome. La lussuosa hall è decorata con lampadari  di cristallo di Boemia, colonne italiane e balaustre di marmo parigino.

In una scena girata il 3 febbraio 2010, Nick Gerard esce dal Pavilion e per strada si imbatte in una sfilata di “seconda linea”, la più famosa delle tradizioni di New Orleans.  Originariamente questo nome era legato alle processioni  funebri. Le “seconde linee” sono di solito composte da una piccola band di ottoni e qualche “stepper” (una sorta di ballerini figuranti vestiti per l’occasione).  “Dai 50 ai 60 circoli organizzano ed inscenano queste celebrazioni per intrattenere i gruppi turistici e i partecipanti delle convention che si svolgono in città”  – ci racconta la costumista Caroline Eselin – “ed ogni circolo ha la propria interessante storia e le proprie tradizioni”.

Eselin ha distribuito cappelli colorati,  piume, palloncini, ombrelli e parasole ai circa 30 “stepper” della “seconda linea”. Fra loro c’era una deliziosa coppia di neo sposini irlandesi che alloggiava in albergo e che era stata invitata a conoscere Nicolas Cage e a fare parte del film.

Mentre gli aiuto-registi si occupavano dei dettagli per gli esterni,  Roger Donaldson  ha chiesto ai “Soul Rebels”, una banda  composta da quattro ottoni,  di suonare nella hall dell’albergo. Alle note di “The Saints Go Marching In” una piccola folla si è immediatamente radunata nell’androne ed il clima si è fatto subito festoso, atmosfera che è piaciuta molto a Donaldson.

“Sono venuto a New Orleans molte volte per il Jazz Festival. Lo spirito e la musica tipici della città sono affascinanti, si percepisce un’energia che incide sulla creatività”.

La scena della sfilata, come quasi tutte quelle del film, è girata con macchine da presa multiple. Così racconta il direttore della fotografia, David Tattersall:  “All’inizio del film abbiamo preferito inquadrature morbide, utilizzando molto i dolly.  Poi, via via che Nick diventava più agitato e nervoso,  siamo passati ad inquadrature più strette, più cinetiche ”.

Alla seconda settimana, Donaldson, Tattersall e la troupe avevano escogitato un’efficiente formula  “tre-passaggi”: L’operatore della steadicam, Greg Smith, iniziava con un obiettivo da  27 millimetri. Tattersall riprendeva personalmente il successivo ciak con una macchina da presa a mano da  120 millimetri e poi faceva un altro passaggio con un obiettivo da 250-270 millimetri, prediligendo inquadrature strette delle mani, degli occhi o della bocca e  lasciando che il dialogo avvenisse fuori campo.

“Questo ha funzionato particolarmente bene per la scena  dell’interrogatorio alla centrale di polizia, dove Nick rimane sbigottito dal rapido susseguirsi degli eventi”, dice Tattersall.

Tattersall ha affiancato alle sue macchine da presa Panavision alcune Canon EOS D7, capaci di girare “video di qualità eccezionale senza impiegare molto tempo per l’allestimento”.  Egli ci spiega che tali macchine da presa sono state particolarmente utili, per esempio, per le scene in automobile, quando due cineprese venivano istallate all’interno dell’auto di Nick e comandate  a distanza.  In altri momenti Tattersall riprendeva dal sedile del passeggero, con Donaldson che dirigeva dal sedile posteriore. Oltre ad eliminare la necessità di un minimo di luce per poter effettuare le riprese,  il D7 ha anche evitato l’utilizzo dell’“Hollywood Circus” , con gli  ingombranti veicoli per il supporto delle macchine da presa, riducendo inoltre il tempo necessario a riportare tutto in posizione iniziale per il ciak successivo.

“Abbiamo semplicemente attaccato dei LED lungo il cruscotto di una Saab e mandato Nic fuori nella notte”, ci dice sorridendo Tattersall.

Donaldson annuisce.  “Abbiamo applicato obiettivi Zeiss alle Canon D7 e i risultati sono stati strepitosi. Mi piace essere aggiornato sulla tecnologia e sfruttarla per migliorare lo stile del film. Le macchine da presa stanno diventando sempre più piccole e stanno rivoluzionando le modalità per girare un film, rendendolo alla portata di tutti”.

Le macchine da presa D7 sono state sfruttate liberamente per le riprese della seconda unità, diretta da Andy Cheng.   Benché Donaldson usi raramente una seconda unità, gli è stato utile affidare alcune scene di azione a Cheng,  che lui definisce “fantastico ed innovativo”.

La sequenza stunt più spettacolare che Cheng abbia orchestrato è stata un inseguimento a piedi attraverso le varie corsie di una trafficata autostrada. Molte sequenze dell’inseguimento sono state girate sulla corsia di emergenza di una strada del Central Business District (CBD) di New Orleans.  Alcuni passeggeri in auto, esterrefatti mentre vedevano una figura correre lungo i passaggi sopraelevati e gli svincoli di uscita, hanno gridato “Quello mi sembra Nicolas Cage!”.

“Non avevo idea che avremmo dovuto correre lungo un’autostrada” – ammette poi Cage – “Sapevo solo che c’era una buona luce, quel giorno, e non mi sono preoccupato gran che. Prima che mi accorgessi di cosa stava accadendo, ero sull’autostrada con auto che mi sfrecciavano davanti a un paio di metri. Ero un po’ teso ma credo che il risultato sarà una sequenza emozionante”.

Lo stuntman di Cage, Thomas Dupont,  dice di aver avuto quella che lui definisce “L’esperienza più pericolosa della mia vita, ma non mi sono fatto male”, nel tentativo di evitare un camion. Durante il momento di maggiore suspense è stato inquadrato da sei macchine da presa, inclusa quella manovrata da Donaldson.

Il produttore Ram Bergman spiega, “A Roger è piaciuta molto la sequenza stunt sull’autostrada del film francese ‘Ne le dit à personne’, dove una persona corre sfrecciando in mezzo ad un intenso traffico. Quella era stata creata in digitale, ma Roger voleva riprenderla dal vero. Così Andy ha disegnato una sequenza incredibile con diverse sezioni della strada e circa 30 auto. Ad un certo punto Nic s’immette nella traiettoria di un autocarro che inizia a sbandare”.

“Allo spettatore piace veder fare cose che lui non farebbe mai” – spiega Donaldson – “e attraversare un’autostrada è certamente una di queste. Non ho mai visto uno stuntman muoversi così in fretta…ho tirato un sospiro di sollievo quando il camion l’ha evitato!”.

La reazione di Bergman mentre osservava la sequenza dello stunt, è stata “Oh, M…a! Pensavo che  Tom l’avessimo perduto. Il camion ha sterzato di 180 gradi ed è andato più lontano di quello che mi aspettavo, lo ha quasi intrappolato sotto le ruote. Grazie a Dio è andato tutto bene, ma sullo schermo l’impressione sarà quella di una sfida alla morte, perché in realtà lo è stata”.

Per un bizzarro scherzo del destino, uno dei veicoli che doveva essere usato in questa sequenza era stato rubato, la notte precedente, da un galeotto evaso che era riuscito a saltare giù da una macchina della polizia in movimento. Fuggendo attraverso il  sottopassaggio dell’autostrada dove erano posteggiate le auto per le riprese, è saltato su un furgone Ford del 1995 ed è partito a razzo, sgommando, sotto una pioggia di proiettili sparati dalla polizia. E’ iniziato un frenetico inseguimento per le strade di New Orleans.   L’evaso è stato poi catturato e, solo dopo tanta insistenza del line producer Dave Pomier, la mattina successiva il furgone è stato restituito alla produzione. Era crivellato da 19 buchi di proiettili. L’evaso è sopravissuto alla raffica di proiettili grazie ai vetri di sicurezza che erano appena stati installati .

“Una cosa del genere non l’avrei mai potuta inventare”, racconta  Pomier. “E’ sicuramente la cosa più pazzesca che abbia mai visto su un set cinematografico”.

Anche la realtà quotidiana della città è entrata a far parte del film, in modo ovviamente meno pericoloso, durante le riprese nella redazione e tipografia del giornale Times-Picayune.  In quella sequenza Nick Gerard sta entrando di nascosto nell’edificio passando dal reparto allestimento: una vasta area dove le varie copie del giornale vengono piegate e unite agli inserti pubblicitari.

Questa operazione, rumorosa e frenetica, richiede 200 impiegati e circa tre ore di lavoro notturno, intorno alle 11. Come spiega il direttore editoriale del Times-Picayune, Dan Shea, circa 45.000 copie viaggiano ogni ora su velocissimi nastri trasportatori che conducono ad enormi macchinari circolari che  servono per inserire gli allegati nelle copie.

“Sarebbe quasi impossibile per una troupe cinematografica ricreare questa operazione – dalla stampa all’allestimento – così il vero lavoro tipografico e le nostre operazioni di produzione hanno interagito con le riprese”, racconta Shea. “E’ una cosa che non abbiamo mai permesso prima, ma credo che abbia funzionato bene e che le nostre attrezzature siano un bello sfondo per la sequenza”.

Donaldson era sotto pressione per la necessità di portare a termine le riprese entro le tre ore di stampa prestabilite, perchè sarebbe costato 5 mila dollari di straordinari l’ora mantenere in attività i macchinari oltre il tempo normale. Agli impiegati è stato fatto un piccolo briefing sulle riprese, l’attività frenetica di fondo, mentre Cage si aggira per i locali, è assolutamente vera.

Oltre che nel reparto di allestimento, la produzione ha eseguito riprese anche all’interno della redazione, della stanza di controllo stampa (tappezzata con vecchi striscioni di articoli, dall’Hindenburg che affonda, alla vittoria di Ali su Liston),  della zona di carico dei camion e dell’area stampanti.  Quest’ultima era talmente rumorosa che Cage e la troupe hanno dovuto servirsi dei tappi per le orecchie.

“Il Picayune è attrezzato con enormi bobine di carta per le sue stampanti

e sfrutta ancora macchinari classici, che visivamente offrono uno scenario non facile da trovare oggigiorno” – dice lo scenografo Dennis Washington – “E le persone sono state sempre incredibilmente disponibili”.

“Dal momento che nella sceneggiatura c’era qualcosa di sconveniente riguardo alla redazione del giornale” – continua Shea – “nel film non viene chiamato Times-Picayune ma  New Orleans Post ”.  Anche Shea è stato ingaggiato nel film, per interpretare il ruolo di una guardia giurata che rincorre Nick lungo un labirinto scuro di  passerelle e tubi.

“Conosco quelle passerelle come il palmo della mia mano e mi sembrava più sicuro che la scena la facessi io”, racconta. “Il primo paio di ciak sono  stati divertenti, molto meno il nono e il  decimo”…

Altre location chiave del film sono state il Mahalia Jackson Hall, dove la produzione ha ripreso un concerto con membri dell’orchestra della Loyola University, il 26 gennaio (per caso era anche l’anniversario della morte di Jackson), ed il New Orleans Superdome, dove Simon aveva organizzato un incontro con Nick. La scena è stata girata di domenica, utilizzando una folla di 40.000 persone, più i partecipanti al classico rally “monster truck”.

La sequenza è stata girata nello stile “mordi e fuggi” con una troupe drasticamente ridotta, usando solo la luce a disposizione. Nessun video del villaggio, nessun dolly o carrelli,  nessun sound boom, nessuna troupe di elettricisti, nessuna attrezzatura che normalmente viene usata. La macchina da presa  Genesis è stata regolata al massimo e nascosta dietro uno schermo improvvisato.  Pearce, microfonato e  circondato da  30 comparse, camminava lungo un percorso predisposto nello stadio, verso il suo posto nel Superdome.

Tattersall racconta: “Abbiamo ripreso il suo percorso da diverse angolazioni vantaggiose, ad estrema distanza  dall’obiettivo, con  zoom 11-1, da dietro il nostro schermo, quindi Guy si è inserito perfettamente nella folla. Il percorso è stato poi ripetuto per le riprese ravviciniate con una macchina da presa a mano, senza che attirassimo l’attenzione dei presenti”.

Guy Pearce commenta, “Girare al Superdome è stato emozionante e spontaneo. Ci siamo mossi fra la folla con una piccola macchina da presa digitale. L’unica cosa che avrebbe potuto rivelare che stavamo facendo delle riprese era il mio abbigliamento. Gli spettatori erano vestiti in modo casual e sicuramente avranno pensato: ‘Che ci fa questo con il vestito elegante ad un rally  “monster truck?’  La cosa divertente del fare film, è che ti puoi permettere di entrare in posti impensabili. Mia moglie era con me e si è divertita un mondo”.

Pearce recita sia con Cage che con Jones in due sequenze:  una scena nella sala da pranzo di un ristorante, e un incontro chiave in un centro commerciale abbandonato, dove le riprese sono avvenute l’ultima settimana. I tre attori erano ovviamente legati da un rapporto d’amicizia, visto che spesso confabulavano sulle scene.

Pearce racconta: “All’inizio non mi sentivo sicuro perché sono arrivato molto tardi rispetto alll’inizio delle riprese, ma una volta che mi sono orientato, mi sono sentito molto sicuro di me. Nic è una persona piacevole, aperto a qualsiasi argomento. Anche January è molto onesta e sempre disponibile nell’affrontare qualsiasi cosa”.

Nicolas Cage dice: “Guy Pearce arriva proprio al cuore di una scena,  mi chiede come va, come mi sento in quel momento.  Ho apprezzato molto questo atteggiamento, non sono molti gli attori che ti coinvolgono nelle loro scelte e questo è piacevole.”

Di January Jones, Cage dice: “Ha un innato e imprevedibile senso della tensione e, allo stesso tempo, ha lo charme di una bambina. E’ una bravissima attrice ed è divertente lavorarci insieme”.

Nel ruolo di un professore,  Nicolas Cage ci spiega che ha un grande rispetto per l’importanza di questa figura nella società. “Mio padre era un professore, e mi sembra quasi di rendergli un tributo. Nick insegna in una scuola di città, frequentata da quasi tutti studenti afro-americani. Nella sceneggiatura si parla di Shakespeare, Shelley e  Burke ed io ho pensato che fosse necessario anche includere autori come Langston Hughes. Volevo che Nick fosse un professore che si sforza di creare contatti con l’ambiente culturale che lo circonda”.

Il presupposto di aver a che fare con studenti che spesso sono delinquenti occasionali non ha in nessun modo preparato Nick  alla situazione che si trova ad affrontare con Simon.  Cage desiderava sottolineare il concetto che il suo personaggio è un uomo qualunque, non un eroe dei fumetti. Spesso chiedeva a Roger, “Forse qui dovrei avere i miei occhiali?” – oppure, “forse dovrei sentirmi meno sicuro in questa battuta?”

January Jones commenta:  “Questa è una storia davvero interessante perchè non è il tipico thriller. Non ci sono supereroi, si tratta di gente normale intrappolata in un labirinto psicologico.

Questo labirinto finisce al New Orleans Center,  un centro commerciale abbandonato.  La cavernosa struttura a tre piani è cosparsa di cartacce, rifiuti vari, una macchina della Coca Cola capovolta e, qua e là, qualche calendario del 2005, ad  inquietante memoria del passaggio di Katrina.

Lo scenografo Dennis Washington dice, “Mi è sembrato strano camminare in questa struttura la prima volta e vedere tutti quei ricordi, capire come gli impiegati abbiano dovuto frettolosamente radunare le loro cose e darsi alla fuga prima dell’arrivo dell’uragano. La maggior parte degli oggetti era stata rimossa, ma un po’ di roba era rimasta”.

In quattro giorni la produzione ha ripreso anche alcune sequenze stunt, utilizzando i tre piani dell’edificio, gli ascensori, le scale mobili e un atrio in cima all’edificio.

“Questo posto è unico nella sua dimensione e c’è molto spazio dove lavorare”, spiega Roger Donaldson. “Ci ha concesso molta flessibilità, non ho mai visto un posto così adatto alle riprese”.

La costumista Caroline Eselin ricorda “Io venivo a fare shopping qui con la mia famiglia quando ero bambina e vivevo in Mississippi. Era molto eccitante e ricordo ancora dove alcuni negozi si trovavano. Era un centro commerciale fantastico. E’ strano e davvero molto triste vedere come è ridotto adesso”.

Questo centro commerciale abbandonato, il New Orleans Center, è la prova che la città sta rialzando la testa, ma c’è ancora molta strada da fare. E’ un aspetto che i realizzatori del film vogliono puntualizzare.

“Questa location fantastica è stata un grande regalo  per la nostra produzione, ma ci ricorda anche che non tutta la città si è ripresa, è ancora un cantiere di lavori in corso”.

Le riprese di “Solo per vendetta” sono terminate l’11 febbraio 2010. Una curiosità inquietante ma pertinente alla storia: 15 omicidi erano già stati commessi in città dall’inizio dell’anno.

Il trailer italiano:


Trame ed altre informazioni sono tratte dal materiale stampa relativo al film.
Per consultare le uscite dell’ultimo week-end italiano visitate lo spazio “Al cinema…”, per gli incassi del box office, trailer e notizie dal mondo del cinema andate allo spazio settimanale “Cinema Festival”
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