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Libri – Stefano Bartezzaghi “Non se ne può più – Il libro dei tormentoni” 16/12/2010

Posted by Antonio Genna in Libri, Quiz e giochi.
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Stefano Bartezzaghi è un saggista ed enigmista, da diversi anni collaboratore del quotidiano “La Reppubblica” per cui cura tra l’altro la rubrica settimanale del Venerdì “Lessico e Nuvole”, che gode anche di un’appendice web: chi non frequenta il blog da molto forse non ricorderà che ho intervistato Bartezzaghi in occasione dell’uscita di un suo precedente volume, “L’orizzonte verticale”.
E’ da poco in vendita nelle librerie la sua ultima fatica, “Non se ne può più – Il libro dei tormentoni” (Mondadori, 264 pagine, prezzo di copertina 17 € – Acquista “Non se ne può più – Il libro dei tormentoni” su Amazon.it), derivato da un’idea lanciata proprio su “Lessico e Nuvole”: il libro raccoglie infatti i “tormentoni”, i luoghi comuni e modi di dire che ricorrono più spesso nel nostro linguaggio, alimentati dal flusso di amenità continuo costituito da televisione, quotidiani, settimanali, social network e molto altro.
Grazie anche all’indispensabile contributo dei lettori, l’autore documenta, e condanna al tempo stesso, le tendenze verbali che più spesso si sentono o si sono sentite in giro: per ciascun termine o espressione, si cerca di fissare chi è stato a pronunciarlo per primo e quando, perchè ha avuto tanta fortuna e dove si è inizialmente diffuso.
Con la speranza che, conoscendoli maggiormente, si può riuscire più facilmente ad evitarli, Bartezzaghi elenca  tanti tormentoni del passato, come i vecchi “matusa”, “cioè”, “un attimino”, ai più recenti “diciamo”, “come dire” o “assolutamente”. Leggendo il volume potremo cogliere una classificazione dei tormentoni, da quelli dilatatori (“e quant’altro”) a quelli eufemistici (“colf” per indicare la cameriera), da quelli alternativi (“delle due l’una”) a quelli acrobatici (“qui lo dico e qui lo nego”), da quelli astronomici (“confluire nell’orbita di…” in senso politico) a quelli più insopportabili (“i soliti noti”, “alla grande”); sono elencati i tormentoni sistematici, che dipendono dall’assetto ideologico della nostra lingua (con un lunghissimo elenco di termini che, al femminile, identificano sempre “una mignotta”!).
Un capitolo intermedio è anche dedicato ai testi delle canzoni che certi lettori conoscevano in modo imperfetto (“Non amarmi, perchè vivo a Londra” e non “all’ombra”…).
Un volume complessivamente ricco di spunti interessanti, intriso di humour e cultura, davvero consigliato a tutti.

A seguire, la presentazione al volume presente nel risvolto di copertina.

Era un giorno come un altro, c’era anche bel tempo e non si preannunciava nulla di insolito. Vi siete preparati, vi siete avviati alle vostre solite attività, tutto appariva perfettamente normale quando su un autobus, per la strada, al bar, in un corridoio, al telefono per la prima volta avete sentito qualcuno pronunciare la frase (e magari era rivolta proprio a voi): “Non me ne può fregare di meno”. All’improvviso, il mondo non è più stato lo stesso. “Non se ne può più”: è vero per ogni tormentone, ma è un tormentone esso stesso. Dal “cioè” degli anni Settanta all'”attimino” degli Ottanta sino ai più recenti “piuttosto che” e “quant’altro”; dalle frasi che si leggono sulle magliette ai più logori stereotipi della chiacchiera politica, la scienza tormentologica che qui viene evocata, se non fondata, non intende esorcizzare, censurare o addirittura cancellare i tormentoni, ma solo convincerci della necessità di non lasciarci ipnotizzare dalla loro seduzione. Se in passato è stato possibile dire che l’autore di questo libro ama studiare “l’allegria delle parole”, oggi occorre aggiungere che solo una sfumatura separa l’allegria dall’allergia. I “tormentoni”, di cui Stefano Bartezzaghi propone qui un primo censimento, sono parole e altre espressioni allergogene e urticanti che usiamo meccanicamente, perché sono state di moda, perché sembravano azzeccate, spiritose, prestigiose, necessarie, così come i più appiccicosi motivetti promossi dalle radio d’estate.
Il vaccino non c’è. Ma se, come recita una legge fondamentale, “deprecarli è vano; classificarli è improbo; ignorarli è impossibile”, i tormentoni vanno conosciuti e manipolati perché è solo così che si può sperare, infine, di superarli. Perché, come dice uno di loro, opportunamente variato, “Se li conosci, lieviti”.

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